Sciolto nell'acido dalla mafia
Giuseppe Di Matteo ucciso a 12 anni dalla mafia, San Giuseppe Jato lo ricorda con una fiaccolata
Era un bambino come tanti altri Giuseppe Di Matteo. Con una passione speciale, quella per i cavalli, e un'unica colpa: essere figlio di un pentito. Suo padre Santino, detto ''mezzanasca'', aveva deciso di saltare il fosso e raccontare ai magistrati della strage di Capaci, del tritolo che aveva fatto saltare in aria il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta. "Bisogna tappagli la bocca" pensò Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato. Così decise di rapirgli il figlio, appena 12enne. Il commando entrò in azione il 23 novembre del 1993 nel maneggio frequentato dal piccolo Giuseppe. Mafiosi vestiti da agenti della Dia. Gli dissero che lo avrebbero condotto dal padre. Lo ingannarono facilmente. "Agli occhi del bambino siamo apparsi degli angeli - raccontò parecchi anni dopo un altro pentito Gaspare Spatuzza, che fece parte di quel commando -, ma in realtà eravamo dei lupi. Era felice, diceva: 'Papà mio, amore mio'". Invece, fu l'inizio di un incubo. Una prigionia lunga 779 giorni tra masserie ed edifici diroccati nell'Agrigentino e nel Trapanese. Prima di essere rinchiuso, nell'estate del 1995, nel casolare-bunker nelle campagne di San Giuseppe Jato, dove l'11 gennaio del 1996 trovò la morte. A ordinare di liberarsi del ''canuzzo'' fu Brusca, dopo aver appreso di essere stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Ignazio Salvo. Una morte atroce per un bimbo ridotto ormai ad una larva. Lo strangolarono poi sciolsero il cadavere nell'acido. Per il sequestro e l'omicidio del piccolo Giuseppe sono stati condannati all'ergastolo mafiosi del calibro di Salvatore Benigno, Giuseppe Graviano e l'ultima primula rossa Matteo Messina Denaro. A 20 anni da quell'omicidio domani il Comune di San Giuseppe Jato e Libera ricorderanno il piccolo Giuseppe Di Matteo con una serie di iniziative in programma, a partire dalle 10.30 presso l'aula Pio La Torre della Casa del fanciullo. La giornata dal titolo ''C'era un volta un bambino che amava i cavalli'' prevede la performance dell'artista Martino Lo Cascio, che interpreterà in forma recitata uno scritto su Giuseppe Di Matteo. A seguire ci sarà una testimonianza sulla tragica storia del bambino da parte dei volontari di Libera del comprensorio della Valle dello Jato. Nella Chiesa Madre, invece, sarà celebrata una Santa Messa in ricordo di tutti i bambini vittime della violenza dell'uomo. "Il sequestro e l'uccisione del piccolo Di Matteo - dice all'AdnKronos il sindaco di San Giuseppe Jato, Davide Licari - rappresenta per la nostra comunità una ferita aperta, un dolore ancora vivo. Quell'omicidio è stato un atto ignobile, ancora più atroce perché commesso contro un bambino innocente". Per il primo cittadino si tratta di "un buco nero, una delle pagine più tristi della storia del paese. Ma, al tempo stesso - spiega -, è stato un momento di non ritorno, l'alba di un nuovo giorno per San Giuseppe Jato, che ha iniziato un percorso di liberazione da Cosa nostra. Perché la morte di un bambino ha imposto a tutti di prendere coscienza dell'orrore di Cosa nostra''. Oggi per Licari molto è cambiato rispetto a 20 anni fa. ''La cappa mafiosa che ha soffocato San Giuseppe Jato per molti anni è un lontano ricordo - assicura -. Il nostro paese è vivo, ci sono tanti locali e tra i ragazzi è rinata la speranza. I miei concittadini si sentono finalmente liberi da quella che in passato è stata una presenza oppressiva, ma la guardia resta alta. Restiamo vigili". Per ricordare il piccolo Di Matteo e insieme a lui tutte le vittime di Cosa nostra Libera pensa a un programma di attività proprio nel luogo in cui venne ucciso il bambino. Oggi quel casolare, sottratto ai boss, è diventato il "Giardino della Memoria" ed è stato assegnato al Comune di San Giuseppe Jato. "Già la scorsa estate - spiega Giovanni Pagano, referente provinciale di Libera Palermo - abbiamo organizzato incontri e testimonianze nei locali restaurati. Tutto è stato rinnovato a eccezione del luogo in cui il piccolo Giuseppe ha vissuto l'ultimo periodo della sua prigionia: un bunker sotterraneo accessibile grazie a un complesso ingranaggio. Il nostro auspicio - conclude - è che insieme al Comune si possa mettere in campo un programma stabile di iniziative per rendere questa area più fruibile e farne un luogo di memoria e rinascita".