Arrestato il presunto scafista
Scoperta choc a Pozzallo: 400 migranti inghiottiti dal mare
La squadra mobile di Ragusa ha fermato a Pozzallo quattro presunti scafisti. Uno è ancora minorenne. Sono accusati di avere traghettato migranti dalla Libia fino al Canale di Sicilia, dove 699 persone sono state salvate e fatte sbarcare a Pozzallo.
Uno di loro è indagato anche per la morte come conseguenza del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di oltre 400 migranti affondati unitamente al barcone.
Lo scafista conduceva un barcone con 500 migranti a bordo e ne trainava un altro con altrettanti 500 migranti. Il peschereccio trainato ha, dapprima imbarcato acqua e poi è affondato con 300 migranti in stiva e 200 caduti in mare. Soccorsi solo in 90, degli altri non si hanno notizie. Si tratta di Adam Tarik, 29 anni, originario del Sudan. Gli altri fermati sono Tipton Abakar, 20 anni del Ghana, il nigeriano Kingsley Iguma di 29, e S.D.M., 16 anni.
LE INDAGINI
Le indagini della Polizia in questa occasione sono state particolarmente complesse, stante il fatto che dei 700 migranti, alcuni facevano parte di altri gruppi di migranti soccorsi (tot. oltre 4000) e inviati in altri porti a bordo di altre navi. In pratica, in questa occasione, considerate le criticità registrate in mare dai soccorritori, non è stato possibile mantenere i gruppi di migranti soccorsi tutti insieme, purtroppo molti sono stati separati approdando in città diverse, anche non solo siciliane.
Il rimorchiatore Asso 29 aveva ricevuto da un mercantile tutti e 700 migranti, ma questi erano stati soccorsi in più eventi.
La Squadra Mobile di Ragusa, già prima dell’arrivo del rimorchiatore aveva indagato per risalire alle navi soccorritrici ed alla dinamica dei soccorsi, dato particolarmente significativo stante anche il recupero di cadaveri.
Ieri mattina, i poliziotti della Squadra Mobile di Agrigento riferivano di avere sul loro territorio parte dei migranti soccorsi in alto mare e giunti a Pozzallo (RG), quindi era necessario coordinarsi tra gli uffici investigativi e così è stato.
Immediato lo scambio informatico delle foto di tutti i migranti approdati nei due porti e la contestuale condivisione del contenuto delle dichiarazioni dei migranti.
Ad Agrigento l’attenzione era focalizzata sullo stabilire le cause del decesso di una giovane migrante e dalle dichiarazioni emergeva nitidamente che la stessa fosse stata colpita da una cima che aveva generato una violenta forza cinetica dovuta al taglio improvviso della stessa, ovvero quando al massimo della tensione durante il traino di un altro barcone lo scafista aveva ordinato di tagliarla per evitare di essere trascinati giù dalla barca che stava affondando.
A questo punto era necessario comprendere appieno cosa fosse accaduto e gli investigatori della Polizia di Ragusa hanno escusso diversi migranti particolarmente provati psicologicamente e fisicamente per quanto a loro accaduto.
La dinamica dopo un po' si faceva sempre più chiara e ieri sera, al termine delle indagini è stato possibile stabilire, grazie alle testimonianze dei migranti, quanto accaduto.
Due barconi sono partiti dalla Libia la notte tra il 25 ed il 26 maggio ed erano carichi di circa 500 migranti cadauno. Le modalità di imbarco sono quasi sempre identiche, tutti i migranti attendono in spiaggia il loro turno ed a gruppi di 50 vengono trasferiti in gommoni su barche in legno ancorate più a largo.
Una prima barca era già piena ma i migranti da far partire erano molti di più, quindi veniva agganciata alla barca un altro peschereccio con una cima ed anche li vengono fatti salire altri 500 migranti.
Una volta assicurato il carico umano, il peschereccio iniziava a fare rotta per la Sicilia con a traino l’altro natante carico di migranti.
Al comando del peschereccio, è stato accertato dalla Polizia, vi era il sudanese che trainava l’altra barca con motori spenti.
Dopo 8 ore di navigazione il natante trainato ha iniziato ad imbarcare acqua ed i migranti con una catena umana hanno provato in tutti i modi a svuotare il peschereccio.
L’acqua era sempre di più e gli strumenti per alleggerire il carico di acqua, consistevano in poche taniche da 5 litri, insufficienti per svuotare il natante.
In un lento affondare, dopo un’ora e mezza circa, i migranti riferiscono che il natante trainato era quasi del tutto andato sotto il pelo dell’acqua, quindi lo scafista ordinava ai passeggeri di tagliare rapidamente la cima che serviva per trainare. Quando la cima era al massimo della tensione un migrante l’ha tagliata e come una fionda ha colpito violentemente una giovane donna creandole delle ferite al collo letali, nonostante i tentativi vani dei compagni di viaggio di salvarla.
Una volta tagliata la cima i migranti dell’imbarcazione trainata posti sopra coperta si sono gettati in mare, quelli nella stiva (circa 300) sono colati a picco. Dei duecento migranti caduti in mare, dovrebbero essersene salvati solo in 90, 79 dei quali condotti al porto di Taranto da una nave spagnola ed ascoltati dalla Squadra Mobile pugliese.
I pochi superstiti non sono neanche una decina e sono a Pozzallo ascoltati dalla Polizia per ore, uomini e donne che hanno fatto chiarezza sui fatti occorsi.
La versione dei fatti è stata ben descritta anche dai passeggeri presenti sul barcone che trainava quello poi andato a fondo, gli stessi migranti che hanno individuato lo scafista. Lo scambio del materiale d’indagine con la Squadra Mobile di Agrigento ha permesso di raccogliere testimonianze oculari anche di altri superstiti ivi presenti.
I testimoni oltre a raccontare quanto sopra descritto, riferiscono che lo scafista, nonostante centinaia di persone in acqua, ha abbandonato il luogo del naufragio lasciando annegare i migranti caduti in mare.
Tra le centinaia di passeggeri del barcone vi erano circa 40 bambini e nessuno è stato tratto in salvo.
Le indagini della Polizia Giudiziaria non si sono limitate al fermo dello scafista responsabile anche della morte dei migranti ma hanno permesso di sottoporre a fermo altri 3 scafisti, due (di cui uno minore), hanno condotto un gommone ed uno ha condotto una piccola barca in legno, dato anche questo assolutamente nuovo per le partenze dalla Libia. Anche in questo caso fondamentali sono state le testimonianze dei passeggeri dei natanti soccorsi.
Al termine delle indagini, il minore è stato accompagnato a Catania al centro di prima accoglienza per minori in stato di fermo e i maggiorenni sono stati condotti a Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.