La Procura di Crotone sequestra il cantiere di un villaggio turistico
Lottizzazione abusiva e violazione delle norme paesaggistiche: sono le ipotesi contestate dalla Procura della Repubblica di Crotone alla societa' che fa capo a due imprenditori crotonesi, la stessa che sta realizzando un villaggio turistico in localita' Punta Scifo, sul promontorio di Capocolonna, a sud di Crotone. Nella serata di ieri la Procura della Repubblica di Crotone, con decreto d'urgenza, ha disposto il sequestro del cantiere del 'Marine Park Village', fermando i lavori di costruzione del villaggio che ricade in un'area soggetta a triplice vincolo paesaggistico e a vincolo archeologico.
Il provvedimento, emesso dal sostituto procuatore Gaetano Bono e condiviso dal Procuratore capo Giuseppe Capoccia, e' finalizzato a interrompere la lottizzazione abusiva. In precedenza il cantiere era gia' stato sequestrato ma il Tribunale del riesame aveva annullato il provvedimento degli inquirenti crotonesi. Oltre ai due titolari della societa' che sta realizzando l'intervento, le indagini della Procura della Repubblica coinvolgono anche alcuni amministratori pubblici accusati di abuso d'ufficio per aver rilasciato un permesso di costruire che non poteva essere rilasciato. "Innanzitutto - spiega una nota del Procuratore Capoccia - il Marine Park Village e' un vero e proprio villaggio turistico e non gia', come si e' tentato di far credere, un agriturismo-campeggio articolato in bungalow. Non solo il Comune di Crotone non avrebbe mai potuto rilasciare il permesso di costruire, ma ha perseverato negli abusi, omettendo di annullarlo dopo avere scoperto che i titolari della societa' non erano imprenditori agricoli professionali (il provvisorio certificato era stato revocato) e non erano nemmeno proprietari del terreno, ma agivano con un falso contratto col proprietario, gia' morto all'epoca della domanda. E poi vi sono stati gli abusi d'ufficio della Provincia e della Soprintendenza ai Beni Culturali e Paesaggistici che non solo non avrebbero potuto rilasciare le rispettive autorizzazioni, ma hanno perseverato nella condotta delittuosa omettendo in seguito di annullarli".
A completare il quadro - riferiscono gli inquirenti - sono arrivate "le false attestazioni del Soprintendente ai Beni archeologici e paesaggistici, indagato per falso ideologico in atto pubblico per aver comunicato al Ministero (per sostenere l'ineluttabilita' dell'abuso perpetrato) che tutti i bungalow erano gia' stati realizzati, mentre in realta' uno solo e' stato costruito parzialmente quale riparo per gli attrezzi del cantiere”.