Sicilia, i guardiani del nulla: aree archeologiche chiuse ma dipendenti al lavoro e a rischio
Recarsi al lavoro, in tempo di Coronavirus, per fare da guardiani e da sentinelle ai cancelli chiusi. Succede in Sicilia dove – come denunciato più volte da tutte le sigle sindacali – dipendenti regionali e lavoratori socialmente utili si recano ogni giorno nei luoghi di lavoro per non fare nulla in quanto i parchi e le zone archeologiche sono chiusi al pubblico. Un lavoro e un impegno – dispiace dirlo – inutili. Ma c’è di più. Andare a lavorare per sorvegliare e accogliere il nulla comporterebbe – secondo quanto lamentano i dipendenti – un aumento del rischio contagio. In altre parole, se la Regione autorizzasse questo personale a rimanere a casa senza penalizzazioni di natura economica, ci sarebbe meno gente in giro e non si danneggerebbe nessun settore della società. Se si può parlare di un rischio, calcolato o minimo, per quei comparti lavorativi che devono assicurare i servizi indispensabili, non è lecito far correre rischi ad altri lavoratori che, al rientro a casa, potrebbero portare inconsapevolmente il malefico virus nelle loro famiglie.
“Mettere a repentaglio la salute dei lavoratori e di tutti i cittadini con i quali possono venire a contatto recandosi al lavoro è veramente assurdo”. Lo afferma Giuseppe Di Paola, coordinatore regionale dei Beni Culturali del sindacato Sadirs.
“Da giorni – ribadisce Di Paola - chiediamo a tutti i vertici della Regione di applicare quanto previsto e consigliato dai vari Decreti della Presidenza del Consiglio che in questi giorni vengono emanati dal Governo: esauriti i permessi e i congedi è anche prevista l’esenzione dal lavoro. Pertanto perché continuare ad ostinarsi in una situazione di assoluta emergenza dalla quale stanno derivando provvedimenti straordinari ed eccezionali”?