La sentenza delle sezioni unite
Siracusa, la Cassazione: sul Pm Musco da rivedere la decisione del Csm
Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 10502/16, depositata il 20 maggio), hanno annullato con rinvio la decisione della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura con la quale magistrato incolpato era stato assolto dalle imputazioni disciplinari a lui addebitate. La sentenza della Suprema Corte riguarda il sostituto procuratore della Repubblica di Siracusa, Maurizio Musco.
Il magistrato era stato incolpato per aver, nell'esercizio delle funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso un Tribunale, violato l'obbligo di astensione nella trattazione di procedimenti penali nei quali era coinvolto, in veste di difensore, un avvocato con il quale il magistrato aveva un risalente legame di amicizia; per aver violato le disposizioni organizzative e tabellari della Procura in ordine all'assegnazione a sé stesso di un procedimento in cui gli imputati avevano nominato proprio difensore il predetto avvocato; per aver assunto le funzioni di amministratore di una società della quale oltre ad essere socio per il 95% delle quote risultava essere l'effettivo dominus. Ma la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura lo aveva assolto da ogni imputazione. Contro la decisione del Csm, aveva fatto ricorso il Ministero della Giustizia.
Altra circostanza: la sussistenza di un contratto di locazione non adeguatamente valutato. Era comunque emerso dalla istruttoria svolta che, quanto al denunciato intrattenimento di relazioni d'affari tra il magistrato incolpato e l’avvocato, era stato stipulato un contratto di locazione, della durata di cinque mesi, tra una società (s.r.l.) partecipata dall'incolpato e dalla propria sorella, e un’altra società (sempre una s.r.l.), partecipata dall’abituale avvocato e dalla propria sorella. Ma la Sezione Disciplinare non aveva ravvisato in tale profilo, in assenza di specifici favoritismi nei confronti del legale, alcuna rilevanza disciplinare.
La posizione delle sezioni unificate afferma che " va evitato di ingenerare anche il solo sospetto di parzialità". Secondo le Sezioni Unite, l'art. 2, comma primo, lettera c), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 (che sanziona la "consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge") non richiede - sotto il profilo soggettivo – uno specifico intento trasgressivo, tantomeno finalizzato a favorire o danneggiare una delle parti, essendo sufficiente la consapevolezza nell'agente di quelle situazioni di fatto, in presenza delle quali l'ordinamento esige, al fine della tutela dell'immagine del singolo magistrato e dell'ordine di appartenenza nel suo complesso, che lo stesso non compia un determinato atto, versando in una situazione tale da ingenerare, se non il rischio, quantomeno il sospetto di parzialità di chi lo compie.
L’elemento psicologico dell’illecito disciplinare. Ad integrare l'elemento psicologico dell'illecito non è quindi necessaria la "coscienza dell'antigiuridicità" del comportamento integrante la violazione del precetto, ma è sufficiente la conoscenza di quelle circostanze di fatto in presenza delle quali, in considerazione della ricorrenza dell'interesse proprio o di un proprio congiunto, sussista l'obbligo di astensione, nonché l'adozione, cosciente e volontaria, dell'atto medesimo, pur versandosi in quella situazione.
Per questo motivo, in ragione delle circostanze di fatto emerse, la Cassazione ha ritenuto necessaria una ulteriore valutazione da parte della Sezione Disciplinare del CSM con riguardo alla effettiva sussistenza di un interesse personale del magistrato.