La strage di via D'Amelio
Caltanissetta, Lucia Borsellino: "Mi indignano i troppi non ricordo dello Stato"
"Se fosse vero quanto emerso finora su eventuali manipolazioni da parte di uomini dello Stato vorrebbe dire che mio padre è stato ucciso due volte. Ciò che mi indigna sono i tanti non ricordo portati qui, in aula, da appartenenti allo Stato". Lo ha detto Lucia Borsellino, figlia del giudice ucciso dalla mafia nel '92, deponendo davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta nel quarto processo per la strage di via D'Amelio. che vede imputati per strage Salvo Madonia e Vittorio Tutino e per calunnia i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci. La figlia del magistrato è tornata sul banco dei testi - aveva già deposto - per rispondere sulle confidenze ricevute dall'ex fidanzato Bartolo Iuppa, poliziotto della Scientifica di Palermo, sulla gestione del falso pentito Vincenzo Scarantino da parte dell'allora capo del pool investigativo Falcone-Borsellino Arnaldo La Barbera. Lucia Borsellino ha ricordato che l'ex fidanzato si lamentava per il modo in cui La Barbera trattava i colleghi e ha aggiunto che sia Iuppa che Gioacchino Genchi, ex poliziotto ed ex consulente informatico, consideravano Scarantino come un personaggio dal basso spessore criminale.
Poi ha deposto il figlio del magistrato ucciso, Manfredi Borsellino. "Non ho mai ricevuto confidenze sul fatto che ci fossero poliziotti che si rifiutarono di eseguire disposizioni sulla gestione di Vincenzo Scarantino. Posso dire che, nel nostro ambiente, si parla di colleghi che si sono salvati, cioè che hanno fatto carriera altrove, perché avevano preso le distanze dal gruppo Falcone Borsellino, ma non so riferire nomi e altre circostanze precise. Manfredi Borsellino ha deposto subito dopo la sorella Lucia, che è rimasta in aula a seguire l'udienza seduta accanto al marito e si è commossa quando il fratello ha ricordato le parole del padre: "Papà ci disse che se anche gli fosse successo qualcosa noi non dovevamo preoccuparci di nulla e dovevamo continuare a vivere come se lui fosse ancora con noi". Il pm Stefano Luciani ha chiesto a Manfredi Borsellino se il padre avesse mai fatto commenti su Arnaldo La Barbera, funzionario di polizia che coordinò le indagini sulle stragi del '92. "Quando mio padre disistimava qualcuno - ha risposto Manfredi Borsellino - evitava di parlarne e credo che Arnaldo La Barbera fosse una delle persone che mio padre avrebbe ignorato. Lo avrei detto anche se La Barbera fosse stato vivo". Si tornerà in aula a settembre per l'inizio della requisitoria. La Corte ha previsto quattro giorni per le conclusioni dell'accusa, dal 20 al 23 settembre.