La sindaca chiede al governo di accelerare i trasferimenti
Lampedusa scoppia di migranti, mancano letti: dormono per terra
Sono 1.725 i migranti tratti in salvo oggi nello Stretto di Sicilia, nel corso di 16 distinte operazioni di soccorso coordinate dalla Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. I migranti si trovavano a bordo di 14 gommoni e 2 barchini. Lo rende noto la Guardia Costiera. In particolare, sono intervenute le motovedette della Guardia Costiera CP302 e CP304, tre unità della Marina Militare italiana inserite nel dispositivo "Mare Sicuro" (Nave Cigala Fulgosi, Nave Sfinge e Nave Bersagliere); Nave Datteln inserita nel dispositivo Eunavformed, Nave Minden e Nave Phoneix rispettivamente della ong Life boat e della ong Moas, nonché due mercantili appositamente dirottati sullo scenario delle operazioni.
"In questo momento abbiamo 1.375 migranti. Centocinquanta sono partiti oggi, altri 150 ieri. I posti purtroppo sono ancora meno perché abbiamo avuto all'inizio dell'estate l'incendio in un capannone. In realtà in questo momento ci sono solo 250 posti. Le persone stanno dormendo per terra: bambini, donne, minori non accompagnati. Ma cos'altro possiamo fare noi?". Lo ha detto il sindaco di Lampedusa e Linosa Giusy Nicolini parlando a Catania alla Festa nazionale dell'Unità. "L'unica cosa che ho chiesto al Governo - ha aggiunto - è di velocizzare i trasferimenti. Un giorno, due giorni è sempre meglio di stare in mezzo ad una strada. Noi siamo la prima porta d'ingresso in Europa, il porto vicino più sicuro - ha concluso il sindaco - anche adesso che lo schieramento di navi a Sud di Lampedusa fa non solo i soccorsi, ma anche i trasporti verso Sicilia e Sardegna".
"Abbiamo tanta rabbia verso i Governi europei che hanno chiuso le frontiere. Abbiamo anche noi le nostre Capalbio che dimostrano egoismo e mancanza di responsabilità. Vista da Lampedusa - ha aggiunto - l'Europa è veramente un'idea lontana, eterea. A Lampedusa si capisce di più il nesso tra l'ingiustizia delle norme di chiusura verso chi chiede aiuto e le ingiustizie verso le comunità condannate ad un destino di frontiera".