Un pentito svela il delitto
Adrano, presi gli assassini di Maccarrone: fu ucciso a colpi di pistola per gelosia
Svolta nelle indagini sull'uccisione di Maurizio Maccarrone, 43 anni, assassinato il 14 novembre del 2014 con diversi colpi di arma da fuoco vicino casa ad Adrano, nel Catanese, mentre si recava al lavoro. La polizia di Stato, su delega della Procura distrettuale di Catania, ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due indagati accusati di omicidio aggravato, detenzione e porto illegale di arma da fuoco. Le indagini della Squadra mobile della Questura etnea e del Commissariato della Polizia di Stato di Adrano hanno consentito di individuare i presunti autori dell'omicidio e il movente.
Si tratta di Antonio Magro, 41 anni detto "u ranazzisi" e Massimo Merlo di 44.
Da una prima ricostruzione del fatto, effettuata grazie alle immagini estrapolate da un impianto di video-sorveglianza installato nei pressi del luogo teatro del fatto di sangue, si appurava che Maccarrone dopo essere uscito dall’abitazione, si dirigeva verso la propria autovettura, parcheggiata poco distante, e veniva affiancato da due individui, entrambi travisati da caschi, che viaggiavano a bordo di uno scooter. Con il mezzo in movimento il passeggero esplodeva alcuni colpi all’indirizzo della vittima che si accasciava al suolo, a questo punto il killer, sceso dal mezzo, si avvicinava velocemente alla vittima ed esplodeva, a distanza ravvicinata, ulteriori due colpi alla testa.
Le investigazioni, orientate sin dalle prime battute sulla sfera personale di Maccarrone, facevano emergere il movente passionale del delitto.
Il modus operandi dei killer ed il particolare dell’esplosione dei due colpi alla testa, il “colpo di grazia” - lasciavano, tuttavia, ritenere che i killer potessero operare nei contesti della locale criminalità organizzata.
Le indagini traevano un decisivo impulso dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Gaetano DI Marco, esponente storico del sodalizio degli Scalisi, costituente locale articolazione della famiglia mafiosa Laudani, il quale riscontrava che l’episodio, sebbene riconducibile a movente passionale, era maturato nell’ambito dei gruppi mafiosi operanti nell’area di Paternò, Adrano e Biancavilla, riconducibili ai Laudani detti “Mussi ‘i ficurinia”.
Il movente era da individuarsi nella gelosia che Magro provava nei confronti di Maccarrone per una presunta relazione con una donna - già individuata dagli investigatori subito dopo l’evento delittuoso – con la quale in passato Magro aveva avuto, a sua volta, una relazione, motivo per il quale dava l’ordine di eliminare l'impiegato.
Il complesso delle intercettazioni disposte dalla Procura Distrettuale di Catania ed eseguite dagli investigatori della Mobile - Sezione Criminalità Organizzata - e del Commissariato di Adrano, non disgiunte dall’analisi dei tabulati telefonici delle utenze in uso agli odierni arrestati, dagli interrogatori resi al P.M., dall’escussione delle persone informate, e non ultimo, la comparazione antropometrica effettuata nei confronti di Merlo tra il filmato dell’omicidio ed altro appositamente acquisito, consentivano di acquisire formidabili elementi di riscontro alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia.
In particolare, nel corso di una conversazione ambientale Massimo Merlo, discorrendo con il suo interlocutore in merito all’omicidio in esame, esclamava a voce bassa “…Ci i’ d’arreri …n’aricchi accussì… PUM - imitando un colpo d’arma da fuoco - ….e gridava…gridava … ittava vuci”, confermando ampiamente il suo ruolo di killer.