Catania, smantellato il clan Cappello - Bonaccorsi: 31 arresti per mafia
Clan smantellato a Catania. Trentuno le persone arrestate dalla Squadra mobile per associazione a delinquere di stampo mafioso, ritenute inserite nella cosca Cappello-Bonaccorsi. Tutte rispondono di associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, detenzione e spaccio, estorsione e intestazione fittizia di beni. In azione anche agenti del Servizio centrale operativo. La cosca contrallava le piazze dello spaccio nei rioni di San Cristoforo e Librino e in diversi comuni della provincia. Sequestri, nel territorio etneo e in altre citta' di Sicilia, Calabria e Campania, di numerose societa' nei settori della raccolta rifiuti, imprese per la gestione di bar, ristoranti e pizzerie, nonche' dell'abbigliamento, per svariati milioni di euro.
Secondo l’inchiesta della Squadra Mobile di Catania il clan Cappello – Bonaccorsi risulta strutturato su più livelli, e cioè su un gruppo di comando - composto da Santo Strano, Giovanni Catanzaro, Giuseppe Salvatore Lombardo, Salvatore Massimiliano Salvo e Calogero Giuseppe Balsamo – e da diverse squadre organizzate, dirette sul territorio da Salvo - “responsabile per la città” - con riguardo alle attività criminali condotte nella città di Catania e da Balsamo - “responsabile per i paesi” – in relazione alle attività criminali condotte nel territorio extraurbano, specie nella zona della “Piana di Catania”, nel comprensorio del calatino e nell’hinterland pedemontano. Catanzaro, Lombardo e Strano sono considerati i promotori, mentre Salvo e Balsamo sono considerati organizzatori del clan.
Le indagini hanno anche fatto emergere il ruolo operativo e decisionale di Maria Rosaria Campagna, storica compagna di Salvatore Cappello, 58 anni, capo del clan, e detenuto al 41 bis, che domiciliata a Napoli era l’anello di congiunzione tra il boss detenuto ed i vertici operativi a Catania, dove la donna si recava frequentemente. Proprio Salvatore Cappello, nonostante si trovasse al 41 bis grazie alla Campagna ha continuato a ricoprire il ruolo di capo indiscusso del clan mafioso, dando direttive ai sodali anche per il tramite della donna. Per Cappello non è stato adottato alcun provvedimento trovandosi già detenuto e all’ergastolo.
La cosca era molto interessata al settore delle energie rinnovabili, con particolare riferimento alla realizzazione di impianti fotovoltaici nella zona di Belpasso ad opera di un’azienda del Nord Italia. L’imprenditore lombardo, che era entrato in contatto con Calogero Giuseppe Balsamo e con la sua squadra - nel periodo successivo alla commissione di un ingente furto di materiale (per un valore di circa 150 mila euro) avvenuto alla fine di novembre del 2011 aveva ottenuto l’interessamento del clan per recuperare un presunto credito da un’impresa locale, superiore a 6 milioni di euro. Tali rapporti non solo avevano consentito all’organizzazione mafiosa di infiltrarsi nell’attività di impresa, ma avevano consentito ad esponenti del clan di richiedere ed ottenere, a titolo di protezione, somme di denaro corrisposte in occasione delle festività natalizie e pasquali.
C’è poi il traffico di sostanze stupefacenti e lo spaccio su piazza. L’attività era gestita nel territorio extraurbano da Calogero Giuseppe Balsamo il quale, collaborato dal figlio Salvatore, immetteva la droga nel circondario di Ramacca e di Motta Sant’Anastasia, cedendola in grossi quantitativi per la successiva vendita al dettaglio, mentre in città il traffico di sostanze stupefacenti veniva controllato da Giovanni Giovanni e Salvatore Massimiliano Salvo che si avvalevano per l’organizzazione sul territorio di Tommaso Tropea e Mario Ventimiglia. Il clan Cappello - Bonaccorsi controllava le piazze di spaccio di San Cristoforo e Librino. Le indagini hanno inoltre evidenziato l’estensione degli interessi criminali della cosca nelle province di Siracusa, Enna e Caltanissetta, attraverso consolidati rapporti con pregiudicati locali, finalizzati all’investimento di capitali ed al traffico di sostanze stupefacenti.
Sono inoltre emersi alcuni episodi di c.d. “recupero crediti” caratterizzati dall’utilizzo del metodo mafioso, sulla scorta del quale il privato creditore può farsi forte dell’appoggio di terze persone di rinomata caratura criminale al fine di recuperare i propri crediti, con modalità alternative agli ordinari rimedi di tipo giudiziarizio.
Un’attività che consentiva all’organizzazione non solo di acquisire somme di denaro, corrispondenti in genere alla metà dell’importo del credito recuperato, ma anche di stringere rapporti con l’imprenditore o il commerciante che si erano avvalsi dell’apporto del clan, ai quale potevano essere chiesti favori anche in termini di assunzioni, con la conseguente possibilità di infiltrazione mafiosa in attività commerciali “lecite”.
Le indagini, inoltre, hanno messo in luce la particolare propensione del clan, nell’investimento dei capitali, acquisiti illecitamente, in attività imprenditoriali e commerciali, nonché la capacità di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale, anche attraverso l’appoggio di una vasta rete di imprenditori. Tra questi ultimi è emersa la figura di Giuseppe Guglielmino - imprenditore operante nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti attraverso aziende a lui riconducibili, sebbene intestate fittiziamente a prestanome, quali la “Geo Ambiente s.r.l.”, la “Clean Up s.r.l.” e la “Eco Businnes s.r.l.” - al quale è stata contestata l’appartenenza all’associazione mafiosa. Nei confronti delle citate società “Geo Ambiente s.r.l.” e “Clean Up s.r.l” - che si sono aggiudicate negli anni diversi appalti nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa - e della “Eco Businnes s.r.l.” è stato disposto il sequestro preventivo delle totalità delle quote societarie e dell’intero patrimonio aziendale. Grazie alla “Geo Ambiente s.r.l.”, Giuseppe Guglielmino era riuscito a ottenere l’affidamento di lavori in alcuni comuni della Calabria. Lì subì il danneggiamento con incendio di due camion e subito fu interessata l’organizzazione mafiosa di appartenenza che, attraverso l’intervento di Santo Strani, aveva garantito la prosecuzione dell’attività senza ulteriori problemi.
I soggetti coinvolti sono:
Calogero Giuseppe Balsamo 57 anni, pregiudicato;
Massimiliano Balsamo 42 anni, pregiudicato;
Salvatore Balsamo 32 anni, pregiudicato;
Giovanni Bruno 59 anni, pregiudicato;
Sebastiano Calogero 32 anni, inteso “u picciriddu”, pregiudicato;
Andrea Cambria 54 anni, pregiudicato, già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Agrigento;
Maria Rosaria Campagna 48 anni, pregiudicata;
Giovanni Catanzaro, 52 anni, inteso “u milanisi”, pregiudicato;
Carmelo Di Mauro 30 anni, pregiudicato;
Orazio Di Mauro , 35 anni, pregiudicato;
Carmelo Gianninò, 54 anni, pregiudicato;
Domenico Greco, 42 anni, inteso “u ciociu”, pregiudicato;
Giuseppe Guglielmino, 43 anni, pregiudicato, già sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa;
Carmelo Licandro, 46 anni, inteso “Melu fungia”, pregiudicato;
Giuseppe Salvatore Lombardo, 50 anni, inteso “Salvuccio ‘u ciuraru”, pregiudicato, Sorvegliato Speciale di P.S;
Mario Lupica, 51 anni;
Emanuele Giuseppe Nigro, 35 anni;
Giuseppe Palazzolo, 51 anni, inteso “Pippo ca’ lente”, pregiudicato;
Giuseppe Piro, 26 anni, pregiudicato;
Giovanni Matteo Privitera, 50 anni, inteso “Peri ‘i iaddina”, pregiudicato;
Antonio Fabio Rapisarda 29 anni già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Catania - “Piazza Lanza”;
Giuseppe Ravaneschi, 48 anni, inteso “Pippo pilu russu”, pregiudicato;
Claudio Calogero Rindone, 36 anni;
Salvatore Massimiliano Salvo, 35 anni, inteso “Massimo ‘u carruzzeri”, pregiudicato;
Antonio Scalia, 30 anni;
Santo Strano , 51 anni, inteso “facci ‘i palemmu”, pregiudicato, già detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Voghera (PV);
Tommaso Tropea, 53 anni , inteso “Racci”, pregiudicato;
Mario Ventimiglia, 30 anni, pregiudicato;
Luigi Sebastiano Vinci, 42 anni;
Nunzia Zampaglione, 40 anni, intesa “Nancy”.