Palermo, Di Matteo lascia la Procura e va in Dna: "Non è una resa"
"La mia scelta non e' quella di una resa. Ho fatto la domanda per andare alla Procura nazionale antimafia per cercare di continuare a dare un contributo nella lotta alla mafia. Mi sono occupato di queste vicende per 25 anni nelle due procure di frontiera della lotta alla mafia, prima Caltanissetta e poi Palermo. Ultimamente non ero piu' messo nelle condizioni di lavorare a tempo pieno su inchieste delicatissime che, a mio parere, richiedono invece un tipo di impegno totalizzante".
Lo ha detto il sostituto procuratore di Palermo, Antonino Di Matteo, il giorno dopo la decisione con cui il Plenum del Csm ha disposto il suo arrivo alla Procura nazionale antimafia. Di Matteo anche oggi si e' presentato al bunker del carcere Ucciardone, in cui si celebra il processo sulla trattativa Stato-mafia. "Negli ultimi anni sono stato costretto - ha proseguito - prima che inizi il processo dinanzi alla Corte d'assise - a conciliare la delicatezza e la gravosita' di certi impegni, per esempio il processo sulla trattativa, con la necessita' di occuparmi di una massa di procedimenti che riguardano reati minori come furti e guida in stato di ebbrezza.
Questa situazione non poteva continuare all'infinito, anche perche' soprattutto negli ultimi tre anni stava diventando paradossale: con l'accentuarsi del rischio nei miei confronti e della mia famiglia, ho ritenuto che la scelta della Dna fosse la piu' utile per cercare, in futuro, di dare un contributo sulle vicende su cui ho sempre lavorato, a Caltanissetta e a Palermo. Spero anche in futuro di potere dare un contributo nel diverso ruolo, nel percorso di approfondimento della verita' sulle stragi, su tutto quello che e' accaduto nel 1992/'93, sui rapporti, alti, della mafia con la politica e con il potere in generale".