Spese pazze all'Ars, la Cassazione conferma proscioglimenti
La Sesta sezione della Cassazione ha confermato la sentenza di non luogo a procedere emessa nel processo "Spese pazze" dal Gup di Palermo Riccardo Ricciardi. La decisione, pronunciata l'11 luglio scorso, riguardava undici ex capigruppo all'Assemblea regionale siciliana, accusati di non avere rendicontato le spese - per beni e servizi considerati voluttuari e poco o per nulla "istituzionali" - dei rispettivi organismi parlamentari, sostenute con i fondi pubblici. A impugnare la decisione era stata la Procura di Palermo, che aveva contestato i principi fissati dal giudice di merito, secondo cui non tutte le uscite non rendicontate possono essere considerate fuori legge: e questo perche' fino al 2012 l'Ars non aveva un regolamento che imponesse di documentare e conservare le pezze d'appoggio di quanto veniva impiegato con i fondi erogati dalla stessa Assemblea. Ora anche la Cassazione ha sposato questo principio e ha ribadito che non si dovra' celebrare un processo contro i quattro imputati del tutto scagionati e i sette che invece erano stati parzialmente prosciolti e rinviati a giudizio per altri fatti. Completamente fuori rimangono cosi' Nicola D'Agostino, Francesco Musotto e Paolo Ruggirello, ex del Movimento per l'autonomia, per un periodo anche al Gruppo misto, e Marianna Caronia (Misto). Sono difesi dagli avvocati Vincenzo Zummo, Nino Caleca, Massimo Motisi, Ninni Reina, Roberto Mangano e Fabio Ferrara. Scagionati solo in parte (ma gia' sotto processo comunque per spese diverse, davanti al Tribunale di Palermo), altri sette ex capigruppo: Giulia Adamo, del Pdl, Giambattista Bufardeci, di Grande Sud, Nunzio Cappadona (Alleati per la Sicilia), Rudy Maira (Pid), Livio Marrocco e Salvo Pogliese (Pdl), Cataldo Fiorenza (Gruppo Misto). Si tratta, in molti casi, di partiti o movimenti oggi non piu' esistenti.
Nel loro ricorso in Cassazione, i Pm di Palermo avevano citato una precedente sentenza della stessa sesta sezione della Suprema Corte, relativa alle spese ritenute non istituzionali, affrontate dai consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia: in quel caso era stata annullata la decisione favorevole agli imputati e si era tornati davanti al Gup di Trieste. I difensori hanno pero' eccepito che il caso riguardante D'Agostino e gli altri fosse del tutto diverso, perche', sebbene sia il Friuli che la Sicilia siano regioni che godono di autonomia speciale, nell'Isola mancava il regolamento. Ragione per cui, nel caso in cui la rendicontazione ci sia, l'accusa - e non gli imputati - dovranno dimostrare, caso per caso, la natura non istituzionale delle spese: qui il campionario individuato dalla Guardia di finanza parla di collezioni di giornali a fumetti, aspirapolvere, acquisti di biancheria intima piu' che costosa, regali di nozze per i dipendenti dei gruppi, scontrini del bar, multe per eccesso di velocita'. Qualora invece la rendicontazione manchi, nulla potra' essere contestato, perche' il singolo deputato e il capogruppo non avevano alcun obbligo di conservare scontrini e ricevute: questo, almeno, fino al 2012. La maxi-inchiesta della Procura (circa 130 gli indagati originari) ha cosi' portato a una sola condanna in abbreviato, quella a due anni per l'ex presidente del gruppo del Pdl Innocenzo Leontini, a un'assoluzione nel merito, quella di Cateno De Luca, ai sette rinvii a giudizio e poi a sentenze di non luogo a procedere o ordinanze di archiviazione in serie, sollecitate, in base alla sentenza Ricciardi, dalla stessa Procura.