Il pm di Palermo Di Matteo andrà subito alla Procura Antimafia
Il Pm di Palermo Nino Di Matteo alla Procura nazionale antimafia senza ulteriori attese. Il ministero della Giustizia ha revocato la decisione con cui ad aprile aveva accolto la richiesta di "posticipato possesso" avanzata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi il 20 marzo scorso. Il magistrato potra' essere comunque applicato al processo Stato-mafia giunto alle battute finali del primo grado. Il 15 marzo il plenum del Csm aveva assegnato a Di Matteo, vincitore di uno dei cinque posti messi a concorso, l'incarico di sostituto procuratore della Procura nazionale antimafia, ma poi era arrivata la decisione del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria che aveva prorogato la permanenza negli uffici siciliani per altri sei mesi a partire dal 15 maggio.
Il magistrato, sottoposto al massimo livello di protezione previsto in Italia, si era ribellato allo stop che gli era stato imposto. Nessuna intenzione di mollare il processo sulla Trattativa, ma aveva chiesto piuttosto di entrare in possesso delle nuove funzioni e poi di essere "applicato" al delicato procedimento. Di Matteo diceva il 16 marzo in ordine alla sua intenzione di andare a Roma: "La mia non e' una resa, ma un modo per continuare a dare un contributo nel contrasto alla mafia. Ultimamente non ero messo nelle condizioni di lavorare a tempo pieno su inchieste delicatissime che richiedono un impegno totalizzante. Negli ultimi anni sono stato costretto a conciliare la gravosita' di certi impegni come il processo sulla trattativa con la necessita' di occuparmi anche di reati minori come furti e guida in stato di ebbrezza". Le sue dichiarazioni, pero', non erano state ben accolte al Palazzo di giustizia di Palermo. Tanto da spingere il capo della Procura prima a scrivere una email a tutti i pubblici ministeri esprimendo loro solidarieta' ("Qualche recente esternazione potrebbe avere ingenerato l'opinione che chi occupa di reati minori o di indagini che non assurgono ai onori della cronaca svolga un lavoro poco qualificante. Questo non e' il mio pensiero"); poi, il 20 marzo, a chiedere il "posticipato possesso" per il suo sostituto.
La decisione del procuratore era legata a due ragioni dichiarate: la prima relativa alle esigenze organizzative dell'ufficio da lui diretto, la seconda con esigenze di sicurezza, dato che il trasferimento nella capitale e l'applicazione chiesta da Di Matteo al processo sulla trattativa, comporterebbero frequenti spostamenti a orari e in giorni prevedibili, con un aumento delle esigenze di sicurezza che da tempo riguardano il pm, il piu' scortato d'Italia a causa di minacce e progetti di attentati ai suoi danni. Ma lo stesso Pm il 6 aprile scriveva di suo pugno le sue "controdeduzioni", facendo presente (al ministero e al capo della Dna, Franco Roberti e allo stesso Lo Voi) di aver "anticipato" l'auspicio di potere essere "applicato" al processo stato-mafia, una volta immesso nelle nuove funzioni. Il pm precisa che "mai" era stata prospettata l'eventualita' che questa richiesta potesse essere soddisfatta attraverso il "posticipato possesso". Sulle "esigenze di sicurezza" ricordava che era stato lo stesso Csm, in piu' occasioni, ad aprire procedimenti per un trasferimento urgente "extra ordinem" da Palermo.