Carte di credito clonate a Palermo, condanne confermate in Appello
Arriva la conferma della condanna anche in appello per i 17 accusati di aver clonato carte di pagamento e di credito e di essere riusciti a rubare più di 3 milioni di euro dai conti correnti di ignari cittadini e inconsapevoli turisti. Nessuno sconto di responsabilità, dunque, per quelli che sono stati i protagonisti di una vera e propria associazione a delinquere e respiro internazionale, la cui sede operativa era nel capoluogo siciliano, ma i cui tentacoli si allungavano fino alla Romania, alla Russia e all’Ucraina. Bisogna tornare un po’ indietro per trovare l’origine di questa vicenda, di cui la sentenza in appello dell’altro giorno è solo l’ultimo capitolo che è stato scritto; era maggio del 2014 quando scattarono le indagini della Squadra Mobile e dalla Polizia Postale di Palermo, su segnalazione di un direttore di banca che si accorse di alcune operazioni sospette sul conto corrente di un cliente. Intercettazioni, pedinamenti e accertamenti bancari hanno permesso di scoprire che la banda acquistava da hacker russi i codici di carte di credito clonate di cittadini per la maggior parte statunitensi; queste venivano poi utilizzate attraverso i pos di esercizi commerciali conniventi, molti di questi erano autonoleggi aperti da prestanome complici, per svuotare i conti correnti degli sfortunati possessori delle carte di pagamento che cadevano nella rete degli hacker dell’Est. Nel mirino dei malviventi cadevano, infatti, persone che utilizzavano la loro carta di credito per noleggiare un’autovettura in una delle agenzie create ad hoc dalla banda o, più in generale, per effettuare acquisti su internet. Bastavano pochi secondi ai cyber criminali russi per clonare le carte in questione, soprattutto se prive dei sistemi antifrode principali, diventati ormai indispensabili per prevenire tali reati e garantire la massima tranquillità quando si utilizzano strumenti di pagamento digitali (vedi http://www.cartedipagamento.com ) . Ben 24 gli arresti, di cui 19 italiani e 5 stranieri, operati tra settembre del 2105 e aprile del 2016 dai vari reparti di Polizia coinvolti. Al Gup è stato sufficiente poco più di un mese per infliggere le condanne in primo grado, particolarmente pesanti perché è stata contestata l’aggravante della transnazionalità che ha contribuito a inasprire la pena. Una conclusione che vede, dunque, un totale di 17 condannati, di cui 4 con pena sospesa, e 2 assolti per insussistenza del fatto. Arriviamo, quindi, ai giorni nostri con la sentenza di qualche giorno fa della Quarta Sezione della Corte d’Appello, che, nella sostanza, conferma in pieno la sentenza di primo grado, fatto salvo qualche piccolo sconto di pena per gli imputati coinvolti. L’operazione Free Money ha suscitato particolare preoccupazione negli inquirenti, soprattutto per il sospetto che a capo di tutto ci fosse Cosa Nostra, vista la vicinanza con alcuni degli indagati alle principali famiglie mafiose siciliane, alla ricerca di un nuovo modus operandi per approvvigionare le illecite casse di “famiglia”.