La carabiniera trovata morta a Siracusa, il perito: "Non fu un suicidio"
Licia Gioia la carabinieri di Siracusa morta nella sua abitazione all'Isola lo scorso 28 febbraio, non si sarebbe suicidata. Lo scrive il medico legale Francesco Coco nella relazione presentata alla Procura di Siracusa. «L’ipotesi più probabile è che Licia Gioia abbia tentato di sfuggire a qualcuno, la sua non è una posizione usuale per un soggetto che intende suicidarsi». In sintesi il perito del pm dice che la sottufficiale dell'Arma sarebbe stata uccisa. Quella notte del 28 febbraio Licia Gioia era in casa con il marito, un poliziotto di 45 anni in servizio alla Questura di Siracusa. Il marito era stato iscritto nel registro degli indagati per istigazione al suicidio ma con il passare delle settimane lo scenario è mutato dopo irisultati dei rilievi compiuti dai militari del Ris di Messina sulla scena della tragedia. E nell’aprile scorso è stata cambiata l’ipotesi di reato per il marito della donna, indagato per omicidio colposo. I primi accertamenti, compiuti dai carabinieri e dalla polizia nei giorni successivi al dramma, hanno consentito di supporre che Licia Gioia sia incappata in una crisi nervosa, probabilmente legata dalla sua gelosia nei confronti del coniuge. Quella notte avrebbe afferrato la sua arma di ordinanza, una pistola calibro 9, per puntarla alla tempia: è partito il primo sparo che le avrebbe perforato la testa e poco dopo è esploso un altro colpo, capace di centrare alle gambe i due coniugi. Su questo aspetto, i primi a sollevare dubbi sono stati i genitori della donna, che alla tesi del suicidio non hanno mai creduto. Il legale della famiglia, Aldo Ganci, ha posto un interrogativo sulla sequenza dei colpi. «Come mai, dopo il primo colpo, che è stato fatale secondo quanto riferito dal medico legale, ne è stato sparato un altro, capace anche di ferire il marito della donna alla gamba?». Un interrogativo a cui il consulente della Procura, Francesco Coco, ha risposto nel corso del suo interrogatorio successivo al deposito della sua relazione.«Sicuramente il colpo non è stato – spiega il medico legale, Francesco Coco - immediato dopo il primo in quanto la lesione alla coscia non è vitale ed è stata prodotta su paziente già morto. Con buona ragionevolezza logica e scientifica sono trascorsi non meno di 10-15-20 secondi. Evidenzio che la superficie dorsale del pigiama della Gioia ed il lenzuolo erano abbondantemente intrisi di sangue che proveniva dalla ferita alla testa mentre il gluteo e la parte di pigiama corrispondente presentavano scarse tracce ematiche». Secondo il medico legale un paziente «come Licia Gioia, che ha subito un grave sfacelo encefalico» non avrebbe mai potuto esplodere un secondo colpo di pistola. E poi c’è la posizione del corpo della donna, che, da quanto sostenuto dalla pubblica accusa, era ben definito: il collo ed il tronco flettevano verso il suo lato destro. «Non è una posizione usuale per un soggetto che intende suicidarsi. È una posizione scomoda ed inusuale», ha spiegato agli inquirenti il medico legale. Che ha anche aggiunto: «In astratto ed in ipotesi remota è compatibile con una ipotesi suicida ma si tratta di una posizione innaturale – ha detto Coco - ed inusuale che prevede una notevole flessione del rachide cervicale e del tronco». Nella sua ricostruzione, il marito avrebbe sostenuto di avere provato a dissuadere la moglie a togliersi la vita. I rilievi del medico legale, però, metterebbero in dubbio alcuni aspetti della versione dell’indagato. «La posizione del marito – spiega il medico legale - non coincide con quella da lui indicata in sede di interrogatorio. A mio avviso, posso aggiungere che l’ipotesi più probabile è che la stessa Gioia fosse seduta sul letto con le spalle rivolte alla testata del letto mentre il marito le stava di fronte».