Stato-mafia a Palermo, "Mancino tentava di condizionare i giudici"
"La falsa testimonianza di Nicola Mancino, quella consacrata dal capo di imputazione, si inserisce in contesto piu' ampio dove assumono rilievo anche le sue affermazioni, oscillanti e contraddittorie, a proposito dell'incontro con il giudice Paolo Borsellino, nel pomeriggio del primo luglio 1992, il giorno del suo insediamento al ministero degli Interni". Cosi' il sostituto della procura nazionale antimafia, Nino Di Matteo, riprende la requisitoria nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia. In apertura dell'udienza numero 207 l'accusa introduce infatti il capitolo relativo agli elementi di prova a supporto dell'accusa di falsa testimonianza nei confronti dell'ex presidente del Senato, Nicola Mancino. Secondo l'accusa Mancino avrebbe sempre, inoltre, sostenuto di non avere mai ricevuto lamentele da Claudio Martelli (il guardasigilli nel 1992) a proposito degli incontri tra il Ros dei carabinieri e Vito Ciancimino.
"Fino al 2010 - ha detto il pm esponendo la tesi alla Corte d'assise - Mancino non aveva nessun ricordo sull'incontro con il giudice Borsellino". Poi cambia versione anche su altri fronti dichiarando di essere stato "costantemente aggiornato" su tutte le vicende che, in modo mendaceo, "in precedenza aveva detto di non ricordare". "Il problema e' - afferma Di Matteo - che Mancino va a dire il falso davanti ai giudici, sapendo l'importanza e la rilevanza della dichiarazione di Martelli nei confronti di Mori e di altri protagonisti della trattativa". Claudio Martelli infatti, anche davanti in questo processo, aveva confermato di essersi lamentato con Mancino dopo avere appreso - siamo nel luglio 1992 - da Liliana Ferraro di avere ricevuto la visita del capitano Giuseppe De Donno che chiedeva 'copertura politica' per gli incontri che questi avevano avviato con Vito Ciancimino. "Martelli non accusa Mancino ma riferisce un fatto indimenticabile che - ha aggiunto l'accusa - l'odierno imputato nega per non arrecare danno ai carabinieri".
"C'e' il tentativo del cittadino Nicola Mancino di condizionare le scelte dell'ufficio del Pubblico ministero e, addirittura, di un intero collegio di giudici. Questo tentativo venne assecondato e alimentato dal Quirinale e dal presidente della RepubbLica in persona, Giorgio Napolitano". Lo ha detto il sostituto della Procura nazionale antimafia, Nino Di Matteo, proseguendo la requisitoria del processo sulla trattativa Stato-mafia. Di Matteo si sta soffermando sulla posizione del senatore Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza e ha letto in aula anche passi tratti dalle conversazioni telefoniche tra lo stesso e Loris D'Ambrosio D'Ambrosio, consigliere del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. "E' una versa ossessione per Mancino, c'e' un pressing ostinato nei confronti del Quirinale per influenzare la Procura generale della Cassazione e Procura nazionale antimafia - ha detto Di Matteo : egli teme che la ribalta dibattimentale del confronto con Claudio Martelli evidenzi la sua reticenza e per questo fa di tutto per evitarlo. Mancino fa di tutto per ostacolare le indagini della Procura di Palermo e prova in tutti modi a far avocare ad altro ufficio queste indagini".