Caltanissetta, magistrati testi in aula contro il "Sistema Saguto"
"C'era il pericolo di una campagna di stampa contro la sezione misure di prevenzione e per questo segnalai l'inopportunita' che il marito della presidente Saguto continuasse a lavorare come coadiutore di una procedura". Cosi', parlando di "inopportunita'" ed escludendo che vi fossero precisi divieti di legge, il presidente del Tribunale di Palermo, Salvatore Di Vitale, descrive il clima che trovo' nella sezione che si occupa di beni sequestrati e confiscati, nel momento in cui assunse l'incarico, a maggio 2015. Di Vitale e' uno dei tre magistrati palermitani sentiti oggi al processo, in corso a Caltanissetta contro Silvana Saguto e altre 14 persone, fra cui l'ex amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, finiti nel mirino della magistratura nissena in quella stessa primavera di tre anni fa e poi sottoposti a perquisizione nel settembre successivo.
L'accusa, rappresentata oggi dallo stesso procuratore capo Amedeo Bertone e dai Pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, sostiene che la Saguto avesse messo su una sorta di "sistema" per assegnare le procedure piu' redditizie a pochi e fidati professionisti, in cambio di incarichi per il marito, Lorenzo Caramma, ingegnere spesso nominato come coadiutore. Uno di questi incarichi gli fu dato per la gestione della cava Buttitta di Bagheria e Trabia (Palermo), "ma da un collegio che aveva un presidente e una composizione diversa, nel 2007", ha precisato Di Vitale, rispondendo alle domande del difensore della Saguto, l'avvocato Ninni Reina.