Mafia, stangata al clan Laudani: 19 arresti a Paternò
Blitz antimafia dei carabinieri nel Catanese. In manette diciannove affiliati al clan Laudani per associazione di tipo mafioso, nonche' associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, rapina, porto e detenzione illegale di armi, con l'aggravante del metodo mafioso. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania e sviluppate dal nucleo investigativo del reparto operativo di Catania, hanno consentito di ricostruire l'organigramma del gruppo di Paterno', articolazione territoriale della cosca Laudani, considerata una delle piu' ramificate e pericolose nel Catanese, caratterizzata da una autonomia criminale orgogliosamente rivendicata anche nei confronti di Cosa nostra, con la quale, peraltro, non ha disdegnato di stringere alleanze partecipando alle piu' sanguinose faide degli anni ottanta e novanta, con saldi legami anche con la 'ndrangheta reggina. L'operazione, prosecuzione di un altro blitz scattato nell'aprile del 2015 con la cattura di altri 16 esponenti del medesimo gruppo criminale (per associazione di tipo mafioso, omicidio, tentato omicidio ed armi) ha individuato i nuovi assetti del gruppi, riscontrando un diffuso condizionamento illecito dell'economia locale. Le indagini hanno evidenziato che il responsabile continuava a reggere dal carcere il clan e i suoi affari con ordini e direttive per tramite della moglie, del suocero e del nipote di un suo fedelissimo con lui recluso in carcere.
Le indagini hanno accertato che Salvatore Rapisarda continuava a reggere dal carcere le fila del clan e veniva aiutato dal fedelissimo Alessandro Giuseppe Farina, il quale, essendo anch'egli detenuto, si avvaleva della moglie Vanessa Mazzaglia, del suocero Antonino Mazzaglia e del nipote Emanuele Lucio Farina per veicolare direttive e ordini agli affiliati in liberta'. Salvatore Rapisarda aveva conferito l'incarico di responsabile ad interim per il territorio di Paterno' al nipote Vincenzo Marano (detto Enzo u squalu), il quale gestiva le "piazze di spaccio" e la cassa comune del clan, assicurando il mantenimento degli associati detenuti. Le indagini hanno consentito di identificare, altresi', le "nuove leve" del gruppo mafioso, le quali si occupavano di portare avanti le attivita' criminali, al fine di monetizzare le somme di denaro destinate a confluire nella cassa comune. Attraverso i colloqui con i familiari, i detenuti venivano, a loro volta, informati dei problemi da risolvere (primo fra tutti quello degli stipendi agli associati) ed intervenivano dando specifiche disposizioni da far pervenire all'esterno del carcere. Uno degli strumenti di finanziamento era il traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana), che si sviluppava sulle "piazze di spaccio" di Paterno' e di Santa Maria di Licodia. Le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, anche recenti, riscontrate da attivita' di indagine tecnica e tradizionale, hanno permettesso di ricostruire le attivita' criminali e l'organigramma dei gruppi Morabito e Rapisarda, operativi nei Comuni di Paterno', Santa Maria di Licodia e Belpasso. Le indagini hanno permessp di fare luce anche su una tentata rapina a mano armata consumata il 30 dicembre 2017 a Paterno' ai danni di un distributore di carburante, nel corso della quale i due malviventi avevano esploso anche un colpo d'arma da fuoco.