Ortigia Classica, in scena le Quattro stagioni di Vivaldi
Il più noto ciclo di composizioni vivaldiane rivive a Siracusa per Ortigia Classica. International Music Festival la rassegna organizzata dalla Camerata Polifonica Siciliana e nata da un’idea del violista floridiano Gaetano Adorno.
Mercoledì 18 luglio alle ore 21 nel cortile dell’Arcivescovado, in Ortigia, risuoneranno le note de “Le Quattro stagioni” di Antonio Vivaldi eseguite dalla Baroque Chamber Orchestra (che raccoglie i migliori talenti giovanili emersi dalle realtà dei Conservatori siciliani e di cui è primo violino il M° Giovanni Anastasio) con Enzo Ligresti (di origini siciliane, docente al Conservatorio di Vicenza che vanta illustri collaborazioni come quella con il pianista Aldo Ciccolini e il violoncellista Rocco Filippini) al violino solista.
Quattro concerti per violino solista concertante e orchestra da camera d’archi, ispirati ciascuno ad una stagione dell’anno, che fanno parte dell’opera n. 8 della raccolta “Il cimento dell’armonia e dell’invenzione” (1725). Le Quattro stagioni di Vivaldi, uno dei primissimi esempi di musica descrittiva, rappresentano le scene della natura in musica: nella Primavera si possono sentire il canto degli uccelli, il temporale, il sonno del pastore, l’abbaiare del cane, il fruscio delle foglie. La violenta tempesta è la protagonista dell’Estate, quel temporale che spezza le teste al grano ormai maturo e interrompe la calura estiva. Bacco è la voce dell’Autunno, i “dormienti ubriachi” sono la pagina musicale centrale della stagione, che si caratterizza per una generale atmosfera trasognante, mentre l’immobilità e la pace, seppur accompagnata dal freddo e dal gelo, è il motivo ricorrente dell’Inverno, che offre il tempo per meditare, davanti al fuoco, con serena rassegnazione e accettazione, sull’arrivo della nuova Primavera.
Il ciclo si apre in maniera gioiosa e luminosa con “La Primavera” (Concerto n. 1 in mi maggiore RV 269): il tema iniziale, che funge da ritornello, ha la verve della spensierata danza di corte interrotta di volta in volta dal canto degli uccelli o dai nuvoloni all'orizzonte resi dagli squarci solistici del violino.
“L’Estate” (Concerto n. 2 in sol minore RV 315) grazie alle tonalità unificante e alla progressione degli stadi emozionali, conduce l'ascoltatore ad un climax di sensazioni assolutamente coinvolgenti ed esaltanti, rese dalla scrittura musicale con effetti quasi "visibili". In “L’Autunno” (Concerto n. 3 in fa maggiore RV 293) il protagonista è l’uomo che si gode i frutti del suo lavoro: il raccolto, il vino, la selvaggina. In autunno l’uomo può divertirsi, può lasciarsi andare agli eccessi, può sprofondare in un meritato riposo e può anche dimostrare la propria prestanza.
Un incipit privo di melodia annuncia, invece, l’arrivo de “L’Inverno” (Concerto n. 4 in fa minore RV 297) caratterizzato da aspre dissonanze: un'articolazione secca che si scioglie nervosamente nelle sembianze della furia del vento e del gelo. Ma ecco il calore di un riparo: una serena melodia di "benvenuto" conforta, mentre le gocce di pioggia, descritte con i pizzicati dei violini, rimbalzano lontane, mentre fuori la musica scivola sul ghiaccio (Allegro finale) ed è in balia dei venti.