Appalto rifiuti a Catania, tre condanne con il patteggiamento
Tre anni e il versamento al Comune di Catania di 9.100 euro, corrispondente al pagamento dell'affitto a Roma della casa della figlia da parte dell'impresa 'favorita'. E' la condanna, per corruzione, comminata col patteggiamento all'ex ragioniere generale dell'Ente, Massimo Rosso nell'ambito dell'inchiesta 'Garbage affair', nata da indagini della Dia su un appalto per la raccolta di rifiuti per 350 milioni di euro. Concordata con la Procura, è stata accettata dal Gup Pietro Nunzio Currò, così come i patteggiamenti di altri due imputati: 4 anni di reclusione per Orazio Fazio, funzionario del Comune di Catania, per turbata libertà degli incanti, corruzione e falso ideologico; e 3 anni e 4 mesi per l'imprenditore Antonio Deodati della Eco.Car srl, per turbata libertà degli incanti e due casi di corruzione. Davanti al Gup Giovanni Cariolo, nell'ambito della stessa inchiesta, hanno chiesto l'acceso al rito abbreviato l'imprenditore Francesco Deodati della Eco.Car srl, Antonio Natoli, dirigente dell'Ipi e del consorzio Senesi e la società Eco.Car srl. La prima udienza del processo è stata fissata per il prossimo 15 novembre. Domani proseguirà l'udienza preliminare per gli ultimi due imputati: Leonardo Musumeci, Rup della gara, e Salvatore Catanzaro, dipendente del Comune di Catania, Al centro dell'inchiesta, coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro, dall'aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Fabio Regolo e Alessandra Tasciotti, le indagini della Dia di Catania, diretta da Renato Panvino, sulla controversa assegnazione dei lavori per la raccolta dei rifiuti a Catania che dopo un intervento del Tar ha sospeso il vecchio appalto valido fino al 2016 e ne ha realizzato uno 'ponte', visto che tre gare erano andate deserte. Un appalto da circa 350 milioni di euro in tre anni. E su quello, sostiene la Procura, avevamo messo occhi e mani aziende del settore, con passaggi di società, irregolarità amministrative non riscontrate da funzionari comunali compiacenti che, emerge da indagini della Dia, ottenevano regali costosi, come il pagamento dell'affitto di una casa a Roma, e l' assunzioni nelle società degli imprenditori indagati.