Mafia: omicidio al mercato di Palermo, due condanne a 20 anni
Il gup di Palermo Marcella Ferrara ha condannato a 20 anni ciascuno Calogero Piero Lo Presti e Fabrizio Tre Re, imputati dell'omicidio del fruttivendolo Andrea Cusimano, ucciso all'eta' di 30 anni nel popolare mercato del Capo di Palermo, a pochi passi dal palazzo di giustizia, il 26 agosto del 2017. Il giudice ha accolto solo in parte le richieste del pm Amelia Luise, che aveva proposto l'ergastolo, ritenendo che vi fosse stata premeditazione e metodo mafioso. Nella sentenza invece e' caduta l'aggravante della premeditazione, e' stata ridimensionata l'accusa di porto d'armi ma e' rimasta la parte relativa al metodo seguito dall'assassino. A sparare fu Lo Presti, 24 anni, mentre Tre Re, di 28, gli avrebbe fornito appoggio logistico determinante, cercando di portarlo via dopo il delitto: l'omicidio fu seguito da un breve inseguimento da parte di due carabinieri in borghese, che erano di passaggio; uno di loro riusci' materialmente a strappare fuori dalla Smart, condotta da Tre Re, Lo Presti, che vi era appena salito. Le fasi del delitto e quelle immediatamente successive furono riprese da alcune telecamere di sorveglianza, che mostrarono come non solo nessuno avesse cercato di fermare l'omicida, ma anche che, dopo la cattura da parte dei carabinieri, qualcuno cerco di convincere il militare a lasciare stare l'assassino. Calogero Piero Lo Presti e' nipote omonimo di un capo della cosca mafiosa palermitana di Porta Nuova e cugino di un altro boss, Tommaso Lo Presti. Secondo la ricostruzione dell'accusa, l'imputato uccise Andrea Cusimano dopo che il fratello della vittima, Francesco Paolo Cusimano, la sera del 25 agosto dell'anno scorso, aveva litigato col padre dell'omicida, Giovanni Lo Presti. Un fatto che e' stato ricondotto dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Luciano Maria Sarpi e Angelo Barone, a un episodio isolato e non collegato ad altre vicende. Il padre dell'imputato nel 2001 aveva ucciso una persona, Salvatore Altieri, nel mercato della Vucciria, sempre a Palermo, in circostanze analoghe, cioe' a seguito di una lite. Anche Lo Presti figlio ha deciso di uccidere il fruttivendolo dopo avere "cercato soddisfazione" per una lite che, la sera precedente, aveva riguardato ancora il padre e Francesco Paolo Cusimano. Era andato cosi' a insultare e a ferire Andrea Cusimano, in un primo momento solo accoltellato al volto: poco dopo, pero', poiche' il fruttivendolo aveva reagito, il giovane era tornato al Capo, stavolta armato di pistola e non piu' solo di coltello. Questa logica criminale della vendetta trasversale per la lite tra il proprio padre e il fratello di Cusimano e' stata ricondotta dal giudice a una logica appartenente all'associazione mafiosa. Esclusa pero' la premeditazione, perche' la mattina del 26 agosto si consumo' l'epilogo di una inimicizia che andava avanti da tempo. Sebbene pero' l'omicidio fosse stato assolutamente estemporaneo, secondo il Gup, il giovane Lo Presti avrebbe obbedito a una logica tipicamente mafiosa, quella di chi deve vendicare immediatamente l'affronto subito per mantenere alto "l'onore"; e anche l'atteggiamento tenuto dalla gente, che ha mentito o non ha comunque collaborato con gli inquirenti, testimonia la caratura mafiosa e la riconducibilita' del delitto al metodo mafioso. Da qui l'aggravante confermata dal giudice.