L'odissea di Lamin, lo sbarco e la malattia: poi un lavoro a Siracusa
Seawatch 3: 47 anime in attesa, un porto chiuso, una città in piazza, una città divisa. Dall’ottobre del 2018 in Italia vige il Decreto Salvini e, per chi ha lasciato il proprio paese per sopravvivere, è vicina allo zero la possibilità di richiedere accoglienza. Sopravvivere, perché solo l’istinto di sopravvivenza può costringere un essere umano ad abbandonare affetti e abitudini per affrontare il viaggio, il deserto, il mare. Nel 2019 Siracusa ha lottato perché la pietà non fosse un sentimento dimenticato, nel 2013 ad Augusta sbarcarono 206 persone, tra queste, tra donne e bambini, in maggior numero siriani, c’era un adolescente: Lamin Camara. A quattordici anni i nostri ragazzi mordono la vita, in Gambia abbandonano la famiglia perché malati di una malattia a cui non si riesca a dar nome e pur di trovare una risposta si è disposti ad affrontare tutto. Serrekunda è la seconda città per importanza nella repubblica del Gambia, piccolo stato africano affacciato sulle coste dell’oceano Atlantico. Lì viveva Lamin, insieme alla madre, due sorelle e due fratelli. Malato, vuole raggiungere la Germania, perché in Europa abita uno zio. È il Primo maggio del 2013 e Lamin, da solo, lascia casa per unirsi ad un gruppo di uomini, tutti più grandi, tutti più forti di un ragazzo di quattordici anni, che vuole liberarsi dalla spossatezza che invade il suo corpo. Il viaggio, in macchina, in autobus, è verso la Libia e dura tre mesi; Lamin attraverserà il Senegal, dove chiederà l’aiuto di un parente, il Mali, il Burchina Faso. In Niger sosta ad Agadez, la porta del deserto, città crocevia della rotta migratoria “un luogo dove tutte le coscienze sono umiliate”, da solo, poco più che bambino. Lamin non vuole parlare di quello che ha visto e subìto ma l’espressione degli occhi scrive più parole di un racconto. Nonostante tutto si sente fortunato, ognuno ha una storia a sé, dice, e lui in Libia, dove aspetterà per altri due mesi, tra il fiume umano in attesa, non verrà maltrattato. Ha del denaro per attraversare il mare ma non tutti sono fortunati come lui e per pagare il viaggio devono lavorare, mesi su mesi. Partito in maggio Lamin approderà ad Augusta nel gennaio del 2014, senza documenti. Trasferito nel centro accoglienza di Priolo, verrà subito condotto in Ospedale a Siracusa. Gli viene diagnosticata una malattia infettiva, la scabbia, poi la parotite, infine analisi più dettagliate riveleranno la reale natura del suo malessere. Lamin soffre di una malattia genetica, l’anemia falciforme. In Ospedale l’incontro col suo tutore, grazie all’intervento dell’associazione AccoglieRete e la guarigione. Nata nel luglio del 2013 per tutelare i minori stranieri non accompagnati, grazie a persone appartenenti ad un gruppo di associazioni di volontariato e comunità attive a Siracusa, è stata la prima associazione operante sul territorio italiano a promuovere il ruolo del tutore legale per i minori, seguendo fino al 2017 più di 1800 ragazzi di un’età compresa tra 11 e 17 anni. Grazie all’associazione e al suo tutore Lamin oggi a 19 anni può vivere, è bastata una trasfusione, è sottoposto a controlli periodici ma non ha la necessità di assumere farmaci. Ha studiato, un diploma di scuola media, ha un regolare lavoro da due anni. Ha deciso di rimanere a Siracusa e non è più tornato in Gambia dove spera di andare per trovare la famiglia. Gli chiedo se rifarebbe il viaggio: no, risponde, abbassando lo sguardo.
Anita Crispino