Ragusa, sistemi di sicurezza al Tribunale mai attivati: si devono revisionare
Il presidente del Tribunale di Ragusa, Biagio Insacco, a due anni dal suo insediamento (avvenuto il 4 settembre del 2017) ha dato incarico ad un dipendente, fresco di promozione, di procedere ad una revisione dei sistemi di sicurezza minimi nel Palazzo di giustizia di via Natalelli. Si tratta di sistemi di sicurezza che, malgrado le sollecitazioni dei sindacati dei lavoratori, non sono stati attivati. Basti pensare che – come segnalato lo scorso anno al procuratore generale presso la Corte d’Appello di Catania e al Ministro della Giustizia – il sistema di allarme antincendio al Tribunale di Ragusa è affidato ad un “fischietto” appeso alla parete della stanza di una impiegata.
Le carenze, dunque, esistevano ed esistono, al di là di quelle strutturali che erano state segnalate dal predecessore di Insacco, Giuseppe Tamburini, e dal procuratore del tempo, Carmelo Petralia, nell’ottobre del 2013. Dei problemi di sicurezza nell’immobile di via Natalelli si era occupato anche il compianto avvocato Carmelo Scarso, uno dei promotori del Comitato Pro Tribunale di Modica, che aveva sollecitato il sequestro dell’immobile. Il procuratore di Ragusa ha chiesto l’archiviazione dell’esposto e la denuncia di Scarso non ha avuto seguito.
Adesso, però, il presidente del Tribunale, implicitamente, dà ragione all’avvocato Scarso: una consolazione “postuma” che, tuttavia, non fa che alimentare dubbi e misteri su una questione che si trascina dal 2013, da quando, cioè, fu deciso l’accorpamento del Tribunale di Modica e della sezione staccata di Vittoria al Tribunale di Ragusa in ossequio a quella revisione della geografia giudiziaria in Italia che è servita solo ad aumentare disagi e spreco di soldi. E lo spreco di soldi pubblici costituisce una palese violazione di legge. Senza nessun colpevole, almeno ufficialmente. La cosìddetta norma di invarianza contenuta nel decreto di riforma, infatti, prevede una clausola molto chiara: l’accorpamento di un Tribunale ad un altro non deve comportare costi in più per la collettività. A Ragusa, invece, si continuano a pagare canoni di affitto per i locali dell’ex Palazzo Ina, in piazza San Giovanni, dove si svolgono le udienze per le cause di lavoro e le esecuzioni mobiliari e immobiliari; per l’ex Palazzo Telecom, dove sono sistemati gli uffici della Polizia giudiziaria; e per i locali della zona industriale che ospitano il giudice di pace. Una spesa che si aggira, secondo stime non ufficiali, intorno ai 700.000 euro l’anno. In barba alla clausola di invarianza e alla possibilità di utilizzare il moderno Palazzo di giustizia di Modica, costato undici milioni di euro, efficiente ed antisismico, dotato di tutti i sistemi di sicurezza.
Ma c’è di più. Da un paio d’anni si parla di una nuova sistemazione degli uffici giudiziari di Ragusa grazie ad un bando del Ministero che sembra adattarsi a pennello ad un immobile costruito negli Anni Novanta e rimasto una cattedrale nel deserto nei pressi della stazione ferroviaria: il palazzo Tumino. Il canone di affitto, in questo caso, si avvicinerebbe al milione di euro l’anno. Oltre ai costi per adattarlo ad uffici giudiziari.
Di questa eventualità, tra l’altro, ha parlato recentemente il sindaco di Ragusa, l’avvocato Peppe Cassì, nel corso di un seminario giuridico a cui partecipavano avvocati che operano nel territorio ibleo. Il primo cittadino ha annunciato buone nuove in relazione ad una nuova struttura al servizio del Tribunale affermando che si trattava di una notizia che, probabilmente, non avrebbe fatto piacere a qualcuno dei suoi colleghi.
Si riferiva forse agli avvocati modicani che, insieme ai colleghi degli altri trenta tribunali italiani chiusi, si stanno battendo per una giustizia di prossimità e amministrata in locali sicuri, senza spreco di denaro pubblico e senza disagi per i cittadini?
La domanda sembra lecita, come quelle che cadono nel vuoto da troppi anni, in attesa che qualcuno trovi risposte plausibili per chiarire i tanti aspetti nebulosi di una vicenda che continua ad alimentare sospetti. Tanto più gravi perché si parla di giustizia, quella che chiedeva anche chi ci ha lasciato con il desiderio di vederla trionfare.