Reggio Calabria, scoperto omicidio di 'ndrangheta a 32 anni di distanza grazie al Dna
Sembrava un omicidio destinato a rimanere insoluto, visto anche il tempo passato dalla sua commissione, 32 anni. Ma il pm della Dda di Reggio Calabria Walter Ignazitto, con il coordinamento del procuratore Giovanni Bombardieri, ed i carabinieri del Nucleo investigativo di Reggio sono riusciti a rimettere in sesto i pezzi del mosaico e individuare l'autore di un cold case, un efferato omicidio di 'ndrangheta avvenuto a pochissimi metri dal Museo nazionale della Magna Grecia. Ad uccidere, il 22 aprile 1988, il 21enne Giuseppe Cartisano, fu Vincenzino Zappia, di 52 anni, al quale l'ordinanza cautelare è stata notificata in carcere dove già si trova per scontare tre condanne per associazione mafiosa. A dare manforte alla soluzione del caso sono state le conclusioni delle analisi svolte dai carabinieri del Ris di Messina, che sono riusciti ad isolare dopo oltre trent'anni il Dna del sicario. Tecniche che, all'epoca dei fatti, non erano neanche ipotizzabili. Nel 1988, nelle strade di Reggio Calabria, si contano già a decine i morti ammazzati dopo l'assassinio del boss Paolo De Stefano e del suo autista Antonino Pellicanò, avvenuto il 13 ottobre 1985 nel "regno" della potente famiglia di 'ndrangheta, la cui unitarietà era deflagrata con il tentativo posto in essere qualche giorno prima a Villa San Giovanni da Paolo De Stefano di eliminare con un'autobomba il suo rivale, Antonino Imerti, detto "nano feroce". Imerti però scampa alla morte perché l'esplosione, avvertita a chilometri di distanza, investe i guardaspalle che lo precedono, lasciandolo indenne. La risposta di Imerti è immediata: Paolo De Stefano e il suo guardaspalle Antonino Pellicanò, transitano ad Archi, regno dei Condello, per raggiungere la villetta dei De Stefano ma cadono sotto il tiro incrociato di almeno cinque uomini dei Condello. È la "spoletta"che fa esplodere la seconda guerra di 'ndrangheta a Reggio che provocò oltre 700 morti. Il boss Pasquale Condello, "il supremo", assume la direzione del gruppo scissionista contro i De Stefano e stringe alleanze con i Serraino, i Rosmini, i Nicolò, mentre i De Stefano trovano dalla loro parte i Tegano, i Libri e i Latella. I giovani killer delle due fazioni, un tempo unica nidiata, si ritrovano a "combattere" su fronti opposti: come Giuseppe Cartisano, individuato dai rivali come uno degli autori dell'agguato mortale al boss Carmelo Cannizzaro, storico alleato dei De Stefano. Cartisano - a distanza di una settimana dalla sua uccisione sarà assassinato anche il padre - la sera del 22 aprile 1988 sta per entrare in un bar quando arrivano i suoi ex "compagni" Vincenzo Zappia e Luciano Pellicanò, con i quali era cresciuto nel quartiere Cep di Archi, che gli scaricano le pistole addosso. I due si allontanano inseguiti dai carabinieri. Nel conflitto a fuoco che ne nasce, muore Pellicanò e rimane ferito Zappia, che riesce a fuggire ma lascia dietro di sé una striscia di sangue. I carabinieri lo analizzano, ma con i mezzi dell'epoca non ottengono risultati. I reperti vengono custoditi e si riveleranno preziosissimi 32 anni dopo. Lo scorso anno, il pm Ignazitto rilegge decine di testimonianze di pentiti che parlano del delitto e dispone nuove perizie dalle quali arriva la conferma: Zappia era il secondo componente del commando. E così scatta a suo carico il provvedimento restrittivo.