Catania, l'apertura dell'Anno giudiziario: avvocati con i codici in mano, i penalisti di Siracusa lasciano il Palazzo
Quello "che si è concluso" è stato" "un 'annus horribilis' per la magistratura, avendo avvenimenti recenti e che hanno avuto grande eco nell'opinione pubblica, riproposto il dibattito sui valori morali e sui principi costituzionali che sorreggono l'indipendenza della magistratura". Così il presidente della Corte d'appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell'Anno giudiziario di Catania. "Il rischio di reazioni emotive e di valutazioni affrettate del tutto scontate - osserva Meliadò - in una società che privilegia la velocità della comunicazione rispetto ai tempi della riflessione non ha impedito, tuttavia, che si avviasse su questi temi una discussione che, nonostante luci e ombre, ha cercato di distinguere tra quelli che sono i valori di fondo - e come tali irrinunciabili - dell'autogoverno e del pluralismo ideale ed organizzativo della magistratura e le esigenze di rinnovamento che, attraverso la scrittura di nuove regole, possono migliorare la capacità della magistratura di articolarsi come potere diffuso, ma non gerarchico, potere responsabile, ma soggetto solo alla legge, sollecitando - sottolinea il presidente della Corte d'appello di Catania - l'inclinazione di ogni magistrato ad essere, in ogni momento della vita professionale, 'senza timore e senza speranze', per come ha voluto la Costituzione Repubblicana".
"Da questo punto di vista, l''annus horribilis' della magistratura italiana - rileva il presidente Meliadò - può costituire solo un'occasione di rammarico per quel che è avvenuto oppure un'occasione di miglioramento per riconoscere i meriti e rimuovere le crepe del sistema. La scelta tra queste alternative sta tutta nella capacità di seria riforma che sapranno esprimere le istituzioni, nella volontà, in altri termini, di superare la tendenza ampiamente praticata al mero dileggio o alla apologetica difesa dell'esistente. Su questi temi - conclude il presidente della Corte d'appello di Catania - il dialogo e l'azione comune tra la magistratura e l'avvocatura sono, comunque, l'unica via praticabile".
"Lo stato dell'amministrazione della giustizia risente di un operoso contesto e riflette una inclinazione al cambiamento, con segnali di miglioramento, specie in ordine ai tempi della durata dei processi, incoraggianti e sicuramente percepibili e che il permanere di risalenti criticità non riesce ad offuscare". Così il presidente della Corte d'appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell'Anno giudiziario di Catania. "Sono pienamente convinto - aggiunge - che lo spirito di servizio dei magistrati non avrebbe prodotto analoghi risultati, se non fosse stato indirizzato in precise scelte organizzative e graduato secondo plausibili obiettivi e priorità. E non è un caso che i risultati conseguiti si siano prodotti nonostante i persistenti vuoti di organico del personale della magistratura, che continuano ad affliggere, in misura maggiore o minore, tutti gli uffici del Distretto (ed in particolare gli uffici periferici) e le carenze d'organico del personale amministrativo". "Le innovazioni introdotte, dai progetti di modernizzazione finanziati con fondi europei, alla costituzione dell'Ufficio del Processo, ai protocolli d'intesa con l'Avvocatura - osserva il presidente della Corte d'appello di Catania - hanno costituito un antidoto alla obsolescenza dei metodi di lavoro e delle tecniche di organizzazione del processo, senza le quali l'arretramento della giustizia civile e penale avrebbe raggiunto, nel nostro distretto, livelli ben più preoccupanti". "Protocolli e intese programmatiche - rileva Meliadò - attività congiunte negli organi di gestione e azioni formative comuni, tavoli di lavoro e osservatori permanenti costituiscono, nella realtà del Distretto di Catania, ormai un reticolo prezioso di esperienze che hanno inciso profondamente sulla visione comune dei problemi della giurisdizione e hanno dato corpo a quella cultura dell'autogoverno, ben diversa dall'antica separatezza, che sostanzia la libertà delle formazioni sociali, l'autonomia dell'avvocatura e l'indipendenza della magistratura".
"In termini di giustizia penale, rilevante rimane il numero dei procedimenti che riguardano fatti di criminalità organizzata. In particolare, l'attività di Cosa nostra nel Distretto di Catania non appare finalizzata a perseguire il monopolio dell'attività criminale di basso, mirando piuttosto alla gestione di attività economiche particolarmente redditizie ma di difficile individuazione". Così il presidente della Corte d'appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell'Anno giudiziario del distretto di Catania.
"Tra queste - aggiunge - la gestione legale tramite prestanome di esercizi commerciali, l'assegnazione di pubblici appalti, la gestione dei rifiuti, le scommesse, anche on line, con le conseguenti opportunità di 'ripulitura' e di reinvestimento, anche su scala internazionale, dei capitali illecitamente perseguiti e una sistematica infiltrazione nel settore economico, che finisce per depotenziare ed escludere dal mercato l'iniziativa imprenditoriale sana". "Non vengono trascurati - osserva il presidente Meliadò - i settori di tradizionale interesse come il traffico di stupefacenti su larga scala, le estorsioni e l'usura, strumenti mediante i quali si riafferma il controllo sul territorio e si ottengono risorse da destinare al mantenimento in carcere. Le operazioni investigative hanno portato all'applicazione di misure cautelari custodiali a carico di 570 persone indagate per delitti di associazione mafiosa, riciclaggio, intestazione fittizia di beni e al sequestro di 696 beni". "Sensibilmente aumentato - sottolinea - è il flusso dei reati contro il patrimonio, specie nei circondari di Siracusa e Ragusa e l'aumento delle truffe informatiche". "Costante è anche il flusso dei reati contro la pubblica amministrazione, i reati finanziari e fallimentari - osserva il presidente della Corte d'appello di Catania - e la Procura distrettuale ha evidenziato la fondamentale importanza del coordinamento delle forze di polizia per ottimizzare i risultati investigativi e privilegiare il disvelamento di sistemi illegali 'seriali' tipici della corruzione rispetto alla repressione episodica di singoli fatti criminosi. A questo si aggiunge l'attività di coordinamento tra gli uffici giudiziari, l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza per l'emersione e il tempestivo monitoraggio delle situazioni di insolvenza"."Continuano ad essere allarmanti e costanti i reati contro la persona e, in particolare, nei confronti delle donne: 2.908 procedimenti nell'anno decorso a fronte di 2.498 iscrizioni nel periodo precedente". Così il presidente della Corte d'appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell'Anno giudiziario del distretto di Catania. "Dati che, tuttavia, confermano la maggiore consapevolezza maturata dalle vittime - aggiunge - circa la necessità della denuncia per interrompere il circuito della violenza domestica e, al tempo stesso, l'efficacia della risposta giudiziaria rispetto alla richiesta di tutela, con l'adozione in tempi ristretti delle misure cautelari necessarie, con tempi medi di 15-20 giorni per provvedimento, e l'inserimento della vittima nella rete istituzionale di sostegno e di tutela". "Sono raddoppiate - sottolinea inoltre il presidente Meliadò - le iscrizioni dei processi penali a carico di minorenni passate da 802 a 1.692, prevalentemente per reati contro il patrimonio, la persona e l'incolumità pubblica e che fanno emergere una criminalità minorile che sempre più si inserisce in un contesto di radicata delinquenza".
"Continua con grande efficienza e competenza l'attività di contrasto da parte della Procura di Catania ai reati collegati al fenomeno dell'immigrazione clandestina, che, nonostante la contrazione dei flussi migratori, continua a incidere ancora sul Distretto, per come dimostra l'emissione di numerose misure cautelari a carico dei responsabili dei reati di tratta, con l'irrogazione di condanne per quasi 200 anni di carcere complessivi". Così il presidente della Corte d'Appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell'Anno giudiziario a Catania. "Ciò si accompagna ad un forte e articolato sostegno per le vittime - aggiunge Meliadò - per come testimonia l'intensa attività di integrazione svolta dagli uffici minorili in favore dei minori migranti e che ha condotto da ultimo alla sottoscrizione di un protocollo con l'Iman della comunità islamica di Catania per orientare il percorso educativo di questi giovani all'insegna dell'osservanza delle regole del paese che li ospita e del rispetto reciproco delle differenti culture".
È stata caratterizzata dalla protesta degli avvocati penalisti con la riforma sulla prescrizione la cerimonia di inaugurazione dell'Anno Giudiziario di Catania. Alcuni legali, presenti con la toga, durante il discorso del rappresentante del ministero della Giustizia, si sono alzati in piedi ed hanno esibito con le mani alzate i testi del Codice Penale. I penalisti di Siracusa hanno lasciato il Palazzo di Giustizia per contestare la carenza dell'organico dei magistrati e del personale amministrativo nel Tribunale del capoluogo aretuseo e sottolineando anche il disagio dell'intera classe forense nei confronti della recente riforma sulla prescrizione.
"Sbandierare l'intervento abrogativo sul 25% del fenomeno, quelle che maturano dopo la sentenza di primo grado - ha detto nel suo intervento l'avvocato Salvatore Liotta, presidente della Camera penale 'Serafino Famà' di Catania - e tacere sul 75% delle prescrizioni che maturano prima della sentenza, vuol dire accettare la crisi del sistema giustizia. E' pensiero espresso dal Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, non da un avvocato. Per questo gli avvocati presenti in sala hanno ostentato i codici, della legge penale e della procedura penale, strumenti quotidiani del nostro, e del vostro lavoro. E abbiamo notato, tutti, che il termine prescrizione non è stato mai menzionato dal rappresentante del governo nel suo lungo intervento". "Ma l'abrogazione della prescrizione dopo il primo grado - ha aggiunto Liotta - appare sempre più solo un pretesto, un cavallo di Troia, per chiudere i conti con la riforma del processo in senso accusatorio e non più inquisitorio e per aprire una strada alla manomissione del diritto all'impugnazione. Su questi temi l'avvocatura penale non potrà essere né concorde né acquiescente ma eserciterà il suo inviolabile diritto di critica e divulgazione sui temi reali della giustizia". "Da ultimo, e anche questo è pensiero comune delle Camere Penali Distrettuali - ha osservato Liotta - non possiamo tacere sull'attacco virulento portato alla funzione ed alla dignità del difensore da esponenti di punta della magistratura associata e ora del Csm: le esternazioni, note a tutti, del consigliere Davigo sulla funzione difensiva, rappresentata come meramente speculativa e parassitaria, fino a teorizzare ipotesi di responsabilità in solido per le impugnazioni, oltre ad essere, anche queste, irricevibili, sono espressioni di gratuita denigrazione di una funzione essenziale per l'amministrazione della Giustizia? Nel ricordo di Serafino Famà possiamo affermare che puntare alla minimizzazione ed alla marginalità del difensore non produce solo un vulnus al diritto di difesa, costituzionalmente garantito a tutti i cittadini, ma lascia soli, terribilmente soli e responsabili anche i giudici chiamati a svolgere la fondamentale funzione di amministrare giustizia ed emettere sentenze dopo il necessario contraddittorio tra le parti. Attenzione - ha concluso Liotta - facciamo attenzione.
LO VOI A PALERMO: C'E' TROPPA GENTE CHE RUBA
E' cominciata, nell'aula magna della corte d'appello di Palermo, la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Ad aprila, è il presidente della corte d'appello Matteo Frasca che sta illustrando la sua relazione sullo stato della giustizia nel distretto. In rappresentanza del ministro della Giustizia partecipa il capo del Dap Francesco Basentini, mentre per il Csm è presente l'ex pm di Palermo Nino Di Matteo. Alla cerimonia assistono le massime autorità giudiziarie, come il procuratore generale Roberto Scarpinato, il procuratore della repubblica Francesco Lo Voi. Presenti in aula i vertici delle forze dell'ordine, il sindaco e il prefetto di Palermo.
"C'è troppa gente che ruba e ruba risorse pubbliche. Parlo di colletti bianchi e inamidati. Ci sono più denunce contro la mafia che contro i pubblici ufficiali corrotti. Ciò vuol dire che le leggi non hanno funzionato anche perché molti condannati restano al loro posto. E allora non c'è alcuna deterrenza.". Lo ha detto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi intervenendo alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario.
"Corrotti e corruttori - ha aggiunto - traggono dalla mafia preziosi insegnamenti, adottano cautele negli incontri per evitare intercettazioni, usano comunicazioni criptiche quando parlano tra loro, hanno incontri riservati avendo cura di lasciare i telefoni, riciclano come i mafiosi e autoriciclano.
Comportamenti prima tipici solo dei mafiosi ora nella routine di corrotti e corruttori. Ciò rende le indagini più difficili".
"Tra corrotto e corruttore poi c'è un interesse reciproco da tutelare, ciò comporta che le denunce o non ci sono o sono pochissime", ha spiegato Lo Voi.
GALLUCCIO: "MESSINA PEGGIORE DI TUTTI"
"Gli organici dei tribunali di Messina, Barcellona P.G. e Patti sono stati complessivamente ridotti di 5 unità, in conseguenza della enunciata scelta di politica giudiziaria, di rafforzare le aree del Nord ed in particolare del Nord-est". A dirlo Michele Galluccio, presidente della Corte di appello di Messina durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario a Messina. "Il distretto di Messina - ha aggiunto Galluccio - è stato quello più penalizzato tra tutti i distretti d'Itali. La sottrazione di risorse al sud, economicamente depresso, per sopperire alle esigenze di sviluppo del nord, ha significato nei fatti e al di la delle contrarie enunciazioni, la mancanza di interesse a promuovere, attraverso una giustizia efficiente, lo sviluppo del Meridione, accentuando, invece di rimuoverlo, il divario tra le diverse parti del paese". "Con la legge di bilancio per l'anno 2019 è stata incrementata la pianta organica della magistratura ordinaria di 600 magistrati (di cui 520 agli uffici di merito), rispetto alla precedente dotazione, fissata con l. n. 181 del 13 novembre 2008. - ha affermato - Si auspicava che, finalmente, il distretto di Messina, che negli ultimi anni aveva ottenuto notevoli risultati nella direzione del recupero di efficienza, dell'abbattimento delle pendenze e della durata media dei processi, potesse avere un riconoscimento degli sforzi compiuti, avendo sempre ben chiaro che l'effetto finale dell'intervento ricade sulla domanda di giustizia dei cittadini - tutti uguali di fronte alla legge, senza distinzione di latitudine, ma così non è stato".