Reggio Calabria, disarticolata la cosca Alvaro: 9 arresti per 'ndrangheta
E' in corso dalle prime ore di questa mattina un'operazione della polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia della procura della Repubblica di Reggio Calabria, finalizzata all'esecuzione di 9 ordinanze di custodia cautelare, di cui 4 in carcere e 5 agli arresti domiciliari, emesse nei confronti dei capi, elementi di vertice e prestanomi di una pericolosa articolazione di 'ndrangheta operante a Sant'Eufemia d'Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, funzionalmente dipendente dalla potente cosca Alvaro imperante a Sinopoli, San Procopio, Cosoleto, Delianuova e zone limitrofe - ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa (cosca Alvaro), trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio, con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa.
Gli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria e del commissariato di Palmi, spiega una nota, coadiuvati dagli operatori della Divisione polizia anticrimine della questura, dei Reparti prevenzione crimine e di diverse squadre mobili del Centro e Nord Italia, stanno eseguendo anche numerose perquisizioni e sequestri di imprese, esercizi commerciali, appartamenti e terreni. Impiegati un centinaio di agenti della polizia di Stato.
Tra i beni sottoposti a sequestro figurano attivita' di bar e ristorazione a Milano e Bagnara Calabra e aziende operanti nel settore delle costruzioni oltre a imprese, societa', e beni immobili in provincia di Reggio Calabria Ancora, Pesaro Urbino e nella citta' di Milano. I beni farebbero capo a boss e gregari dell'articolazione della 'ndrangheta operante a Sant'Eufemia d'Aspromonte (RC). L'indagine e' il seguito dell'operazione Eyphemos, eseguita nel febbraio scorso, con l'arresto di 65 indagati, che aveva svelato l'esistenza e l'operativita' di una locale di 'ndrangheta a Sant'Eufemia d'Aspromonte, facente capo alla cosca "Alvaro" operante a Sinopoli, San Procopio, Cosoleto, Sant'Eufemia d'Aspromonte, Delianuova e in zone limitrofe. La figura di Domenico Laurendi e' centrale in questa nuova tranche dell'inchiesta che si occupa in particolare di colpire i patrimoni di alcuni indagati e le condotte illecite poste in essere al fine di celare i beni provento delle attivita' delittuose. Secondo l'accusa il commercialista arrestato avrebbe svolto un ruolo da "consigliori" della cosca, fino ad accompagnare materialmente dal notaio gli intestatari fittizi.
Domenico Laurendi, soprannominato 'Rocchellina" negli ambienti della 'ndrangheta aspromontana, e' considerato dagli inquirenti 'uomo di fiducia' della potente cosca Alvaro di Sinopoli, centro abitato quasi attaccato a Sant'Eufemia d'Aspromonte, una delle cosche piu' pericolose nel panorama internazionale del crimine organizzato e mafioso. Tra i colpiti dai provvedimenti restrittivi, oltre a Laurendi e al suo commercialista, anche una dipendente del Consiglio regionale della Calabria, Rosa Alvaro, 37 anni, finita agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori,considerata molto vicina a Domenico Laurendi. "L'operazione di oggi e' il perfezionamento della precedente del febbraio scorso. Stavolta sono stati scoperti e colpiti i numerosi beni e le societa' del capo cosca della ndrangheta di Sant'Eufemia di Aspromonte Domenico Laurendi, gia' arrestato, e ricostruita la rete dei suoi fiancheggiatori, professionisti come il commercialista Gregorio Cuppari, in grado di orientare e preservare gli investimenti del Laurendi" ha detto il Procuratore distrettuale Giovanni Bombardieri incontrando i giornalisti nella questura di Reggio per illustrare i particolari dell'inchiesta. "L'elenco dei beni e' abbastanza corposo - ha proseguito Bombardieri - un paniere di societa' e attivita' sul territorio non solo presenti in Calabria, ma anche in Lombardia, Marche e Veneto, che certificano ancora una volta la propensione della ndrangheta a riciclare capitali di provenienza illecita anche fuori dal bacino territoriale di origine. Colpisce, in tal senso, il contenuto di alcune intercettazioni in cui emergono le disponibilita' di professionisti, che dovrebbero invece fare il loro lavoro in tutt'altra direzione anziche' prestare la loro opera per aiutare la ndrangheta a sottrarsi ai controlli dello Stato". Tra i beni sequestrati al Laurendi e ai suoi prestanome, il famoso 'Bonomi bistrot', ubicato in via San Gottardo a Milano, a due passi dalla centralissima Piazza XXIV Maggio. "Domenico Laurendi - ha detto il Procuratore aggiunto Gaetano Paci - assurge a ruolo di imprenditore nazionale allorche' allarga le sue attivita' nell'edilizia nelle aree colpite dal terremoto, a l'Aquila e in Umbria. E non solo, le sue imprese sono anche impegnate nella stesura dei cavi della fibra ottica, dal nord al sud del Paese".