Riceviamo e pubblichiamo. Politicamente corretto, tra ipocrisia e coerenza...
“Tutti gli animali sono uguali, tuttavia alcuni animali sono più uguali degli altri". (Animal Farm, G.Orwell) Quanto politicamente corretto è presente nella nostra società? Troppo? troppo poco? Non abbastanza? Fiumi di parole e di inchiostro si sprecano. Come per ogni fenomeno, politico, culturale e sociale, rifuggere dagli estremi e calarsi nel giusto mezzo, sarebbe auspicabile, senza rischiare ipocrisie di sorte o proclami discriminatori. In uno stato democratico, la libertà di espressione è senza dubbio un caposaldo tanto prezioso, quanto “scivoloso", che vada bilanciato con le contemporanee esigenze di tutela della libertà e dignità dei singoli, doppiamente interessati se parte di minoranze a rischio discriminazioni, come i diversamente abili gli appartenenti alla comunità LGBTQI+, gli immigrati, i disagiati economicamente e spiritualmente, i marginali. Siamo portati naturalmente a racchiudere il mondo in stereotipi ed etichette, anche per semplificare e categorizzare ciò che ci circonda, ma rischiamo di confondere il nome con le essenze del reale. Non c'è peggior razzista o discriminante in colui che al di là delle parole si protende in gesti e manifestazioni ammantate di falso buonismo e perbenismo, così come lo scivolone su epiteti e parole che può essere fisiologico, e comunque evitato, ma spesso non altrettanto mirato a distruggere, offendere, ferire e doppiare, quanto dettato da ignoranza, superficialità e faciloneria. Il recente e arroventato dibattito in merito all'approvazione del DDL Zan, pone nuovi interrogativi sulla reale percezione della tematica dei diritti civili in agenda politica e sulla gerarchia di priorità e sul giusto spazio e sedi di discussione di problematiche che spesso rischiano di travalicare i giusti toni, modi e mezzi, ponendo le mosse ad una facile spettacolarizzazione ed inevitabile strumentalizzazione. Dal giusto mezzo all'eccesso di zelo, numerose voci autorevoli e non si sono levate in difesa del politicamente corretto, per poi granate lungo i pendii del (falso)buonismo e del conformismo fine a se stesso, che appiattisce e livella i singoli individui, anche partendo da buone intenzioni, ma finendo per tradirne gli obiettivi prefissi, in una controversa eterogenesi dei fini, anziché esaltarne e valorizzare le specifiche peculiarità. L'articolo 3 della nostra Costituzione in particolare il comma dedicato all'eguaglianza cd.”sostanziale” affondano le radici in un processo secolare di civiltà e umanità che va approfondito e testimoniato, ma non può fare di qualcuno una riserva indiana, né paradossalmente discriminare per preservare. Talora, gli strumenti correttivi possono arrecare inconsapevolmente più danni che i mali, a noi fruitori e attori il giusto uso, non serve a molto agitare le differenze come patrimonio esclusivo se diventano solo enclave di privilegi e motivi di sterili contrapposizioni. Ritengo che le nostre fragilità palesi o nascoste che siano, ci caratterizzano a 360 gradi, e ci rendono unici, e irripetibili, degni di ogni diritto e di ogni protezione, a prescindere di ogni ulteriore misura coercitiva, senza se e senza ma… Cambiamo il paradigma di lettura delle nostre visioni e valutazioni….!!!
Chiara Russo