La storia: il prete "esattore" e il cancelliere irreprensibile nella Biscari del 1800
Non erano scherzi da prete ma comportamenti antitetici alla sua missione quelli di un sacerdote vissuto nel diciannovesimo secolo all’epoca del Decurionato di Biscari. Nelle “Passeggiate storiche” di Carlo Addario si fa menzione di ben sei sacerdoti con lo stesso cognome, David, ma uno di essi, il rettore Emanuele, morto nel 1878, pare che non fosse proprio uno stinco di santo. Nell’interessante ricerca del professore dell’Università di Catania, Giuseppe Barone, che ricostruisce la transizione della provincia di Ragusa dal Regno delle Due Sicilie all’Unità d’Italia, evidenziando come i piccoli comuni cercavano di opporsi alle resistenze degli ex-feudatari restii a cedere quote del patrimonio fondiario quale compenso degli aboliti usi civici, si può leggere come l’uomo di Chiesa, in qualità di esattore dei censi, “per essere più convincente si faceva accompagnare da due noti banditi di Mirabella Imbaccari, che con “scopette a spalla” atterrivano villici e decurioni”.
“A denunciare al Sovrintendente di Modica le intimidazioni a cui era sottoposto il Decurionato affinché recedesse dalla rivendica demaniale – scrive il professore Barone – era il cancelliere comunale Gianbattista Salibba (nella foto). La supplica di cinque coraggiosi cittadini inviata il 2 dicembre 1843 all’Intendente di Noto ricostruisce gli abusi e le violenze perpetrate dagli uomini del principe per corrompere i testi”.
“Mezzi illegali”, sostiene Barone, con i quali l’ex feudatario ottenne le ritrattazioni di alcuni testimoni che permisero al magistrato di mutare la ragione in torto e di ridimensionare al minimo i diritti della popolazione”.
Il volume “Le città iblee dai Borboni all’Unità d’Italia”, pubblicato in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è impreziosito dalle splendide fotografie di Luigi Nifosì, che rievoca paesaggi, personaggi e atmosfere della civiltà iblea.
Emanuele Ferrera