La storia: tra Modica, Acate e la Lombardia le tre vite di Giorgio Ragusa
Modica, Acate e la Lombardia. I luoghi simbolo delle tre esistenze di Giorgio Ragusa, testimone della tragedia del podestà e, finita la guerra, commerciante di dolciumi di successo. La vita di “Gino”, con questo diminutivo se lo ricordano ancora gli ottantenni acatesi, lasciò dappertutto “tracce” non dimenticate per la spiccata intelligenza di cui era dotato, il coraggio e quell’indole dolce e vivace che da ragazzo manifestava e piaceva tanto agli adulti.
Era nato a Modica nel 1926 e la sua famiglia, composta da grandi lavoratori, aveva intessuto un bel rapporto di amicizia con Gaetano Mangano, negli Anni Trenta del secolo scorso vice segretario comunale della città nonché fratello del podestà Giuseppe. I Mangano, una delle famiglie più agiate di Acate, con vaste proprietà agricole nel territorio, avevano alle loro dipendenze decine di persone tra lavoratori stagionali e uomini di fiducia, fu così che Ragusa, ancora adolescente, grazie alle ottime referenze del congiunto, lasciò il luogo natio per trasferirsi nella vecchia Biscari.
S’impegnava con tanto zelo in campagna (conobbe Rosario Spada, che fu prodigo di consigli) e dava contemporaneamente una mano anche nella casa di fronte alla Chiesa Madre, sempre apprezzato per la sua capacità di svolgere egregiamente ogni mansione e trovare la soluzione giusta per qualche problema.
Fu a lui, che non aveva compiuto ancora diciassette anni (quando tra il 9 e il 10 luglio 1943, Acate si trovò al centro della storia per lo sbarco degli Alleati e non per episodi secondari), che fu dato il compito di recarsi, sprezzante del pericolo, in contrada Santissimo, per avere notizie del podestà, che vi si era rifugiato assieme ai familiari per sentirsi più sicuro.
Ma anche in campagna, distante pochi chilometri dal mare, e da dove si potevano scorgere le navi degli invasori che martellavano le difese costiere italiane e tedesche, i rischi erano incombenti per la presenza dei paracadutisti americani. L’invito del ragazzo fu allora perentorio: era urgente allontanarsi dal podere e anche da Acate. Modica e la casa del vice segretario comunale sembravano la destinazione migliore.
Il podestà era diventato proprietario da poco tempo di una Lancia “Augusta, che non voleva sentirne di mettersi in moto. Entra in azione così, per la seconda volta, il giovane “Gino”, che suggerisce agli uomini della famiglia di tentare la manovra a spinta. E forse se non avesse avuto quell’idea, come confessò egli stesso, molti anni dopo, al figlio di Gaetano, dottor Alberto Mangano, i tre uomini della famiglia avrebbero scampato la morte. Quando aveva occasione di raccontare quei momenti drammatici non nascondeva le lacrime, parlando di un errore fatale.
Fu quella l’ultima volta, infatti, che Ragusa li vide, perché, intercettati a Vittoria a un posto di blocco, il podestà Giuseppe, 43 anni, e il figlio Valerio, suo coetaneo e compagno di giochi, furono uccisi. Non si seppe più nulla, invece, del fratello Ernesto, 33 anni, tenente medico in licenza, probabilmente fucilato anche lui o avviato alla prigionia.
Si concludeva così la parentesi bellica di “Gino”, che continuò a vivere ad Acate fino al 1946 costituendo uno dei punti fermi della squadretta di calcio denominata “Lampo”, di cui il patron era Lucio Cannata.
A Milano prestò quindi servizio militare e nella futura capitale del miracolo economico, cominciò a gettare le basi della sua fiorente attività lavorativa cimentandosi in piccole attività commerciali. Iniziò a vendere dadi per brodo, ma per poco tempo, perché il suo nome è legato soprattutto all’azienda a conduzione familiare di Cologno Monzese conosciuta in tutta la Lombardia, che confezionava e vendeva caramelle alla liquirizia e non solo.
Da oltre vent’anni quell’azienda è passata nelle mani del figlio Roberto e si chiama ora Robedol, specializzata nella vendita all'ingrosso di dolciumi e materiali di consumo per bar, tabacchi, mense e ristoranti.
Giorgio Ragusa (a destra nella foto assieme a Rocco Spada, figlio dell’amico Rosario) è scomparso nel 2006. Era solito trascorrere le vacanze estive a Marina di Modica, ma immancabilmente si faceva vivo ad Acate per salutare i tanti amici.
Emanuele Ferrera