Mafia ed estorsioni a Gela, arrestati dalla polizia tre del clan Rinzivillo
Tre persone sono state arrestate nell'ambito di un'operazione antimafia della Polizia di Stato, a Gela, nel nisseno. Gli agenti hanno eseguito tre ordinanze di applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti di tre gelesi: F.M di 51 anni, T.M di 50 anni, e C.E. di 44 anni, a vario titolo indagati per associazione per delinquere di tipo mafioso, in relazione alla loro appartenenza alla famiglia di "cosa nostra" operante a Gela, nonché di estorsione aggravata dal metodo mafioso. I provvedimenti sono stati emessi dal gip presso in Tribunale di Caltanissetta.
L'indagine, coordinata dalla locale Procura Distrettuale Antimafia, ha avuto inizio nel luglio del 2019, ed aveva come proprio iniziale focus investigativo la verifica della sussistenza di anomali rapporti tra due collaboratori di giustizia (anche loro indagati nel presente procedimento), già appartenenti alla organizzazione cosa nostra e soggetti tuttora affiliati alla stessa operanti in Gela.
Le complesse attività investigative svolte, oltre a far emergere macroscopiche violazioni alla disciplina in tema di collaborazione con la giustizia da parte dei soggetti intercettati, ha consentito di verificare come gli indagati abbiano mantenuto rapporti costanti con soggetti, tuttora appartenenti alla famiglia mafiosa Rinzivillo di Gela, tra cui gli odierni arrestati.
Il successivo espandersi delle attività investigative svolte dalla Squadra Mobile di Caltanissetta sia con indagini di tipo tradizionale, appostamenti e pedinamenti, che di tipo tecnico, intercettazioni di migliaia di conversazioni tra soggetti di elevato spessore criminale, ha fatto emergere un quadro probatorio di rilevante gravità a carico degli odierni indagati sia in relazione alla fattispecie di associazione a delinquere di stampo mafioso, sia in relazione alla contestata ipotesi di estorsione aggravata. Quest'ultima vicenda riguardava in particolare l'estorsione ai danni del titolare di una attività commerciale di ortofrutta, che veniva "avvicinato" dagli indagati con frasi dall'inequivocabile tenore minatorio: "Chiudi o diamo a fuoco ai tuoi veicoli"; "chiudi o saremo costretti ad abbassarci la maschera"; "chiudi o ti uccidiamo".
Queste ripetute minacce all'indirizzo dell'imprenditore erano finalizzate a fargli chiudere l'attività commerciale in quanto in concorrenza con quella di C.E., uno degli indagati raggiunti da misura cautelare. Le minacce sortivano l'effetto sperato in quanto il titolare era costretto a cessare l'attività commerciale non gradita al clan mafioso.
"L'estrema pericolosità" degli indagati, sottolineano gli inquirenti, "è emersa anche sulla base della constatazione che tutti i sodali e coloro con i quali avevano rapporti, manifestavano una particolare acredine nei confronti di appartenenti alla Squadra Mobile, con generici propositi di vendetta per l'attività, ritenuta 'troppo scrupolosa', condotta dagli inquirenti".
In sede di esecuzione dell'ordinanza cautelare sono state effettuate perquisizioni, delegate dai Sostituti Procuratori titolari delle indagini, anche a carico degli altri soggetti denunciati, alcuni percettori del reddito di cittadinanza, non colpiti da misure cautelari.