Caltanissetta, strage di via D'Amelio: nessun suggeritore a Scarantino
"Vincenzo Scarantino aveva difficoltà espressive che si traducevano in un italiano non elegante, non forbito, ma non ricordo sospensioni durante gli interrogatori. Non ho mai registrato circostanze simili.
Sicuramente nessuno gli suggeriva niente". A parlare di Vincenzo Scarantino (il falso pentito che nel '92 si era accusato di aver preso parte alla strage di via D'Amelio, rivelando alcuni particolari, per poi ritrattare tutto nel '98) è l'avvocato Lucia Falzone, per anni legale dello stesso Scarantino, sentita oggi come teste nell'udienza relativa al depistaggio delle indagini sulla strage di via D'Amelio.
"Durante gli interrogatori c'era solo un generico invito - ha continuato Falzone - a dire la verità. A fronte di alcune risposte che Scarantino dava il magistrato cercava, come è normale, di puntualizzare o fare domande. Dopodiché non c'era nessuna anomalia. Il comportamento delle persone che hanno operato alla mia presenza è stato irreprensibile".
"Se Scarantino fosse stato in possesso dei verbali - ha poi sottolineato il legale - sicuramente gli avrei chiesto come li aveva avuti. Era concentrato solo sulle sue lamentele personali e le sue problematiche familiari, la paura che lo ammazzassero o che gli ammazzassero i familiari".
Il processo vede imputati tre poliziotti - Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo - ex appartenenti del gruppo Falcone-Borsellino, che indagò sull'attentato in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Sono accusati di calunnia aggravata dall'aver favorito Cosa nostra. Secondo l'accusa avrebbero indotto Scarantino a fare false rivelazioni allo scopo di depistare le indagini.