Le stragi di mafia del 1992: onorare la memoria di chi ha reso migliore il Paese
Sono nata il 18 maggio del 1992, in un ordinario e a dire dei miei genitori grigio lunedì, a ridosso di una della date spartiacque della nostra storia nazionale.
Il sabato successivo, il 23 maggio, la vita del magistrato antimafia Giovanni Falcone, che aveva contribuito a scoperchiare la Cupola con il “Maxi processo”, della moglie Francesca Morvillo e dei membri della scorta gli agenti Dicillo, Montinaro e Schifano fu tragicamente spezzata sull'autostrada A29 nei pressi di Capaci da centinaia e centinaia di chili di tritolo, posizionati da mano mafiosa, in una condanna già preordita, senza alcuna possibilità di appello.
Il cosiddetto “attentatuni” e la sua tragica appendice del 19 luglio con la strage di via D'Amelio con la morte del collega Paolo Borsellino e di altre 5 innocenti, segna 57 giorni di shock collettivo e sarà preludio alle stragi del 1993 in via Palestro e dei Georgofili.
L' Italia del 1992, già segnata dallo scandalo Tangentopoli non sarà più la stessa, nel bene e nel male, provata dalla ferocia e dalla crudeltà di esecutori accertati e mandanti controversi.
Latitanti mai pentiti saranno catturati, nuovi metodi di lotta alla mafia saranno realizzati con l'avvento del 41bis, e con il testimone raccolto da schiere numerose di servitori dello stato, nel loro nome altrettanto coraggiosi e impegnati, con il graduale germogliare nei cittadini di una coscienza civica e civile.
Nel ricordo di due uomini che con i loro sacrifici e soprattutto la loro anche scomoda eredità umana, civile e morale hanno creato una nuova società civile, scuotendo dalle radici un sistema istituzionale e politico, che per alcuni versi non li avevi né sostenuti né compresi.
Ritrovandomi particolarmente sensibile e non solo per una mera coincidenza anagrafica a quegli eventi miliari, ogni anno il mio pensiero va a loro e a quei giovani che nel 1992 non erano ancora nati e che oggi attraverso le iniziative di ricordo e sensibilizzazione, specie attraverso le scuole, sono chiamati a portare vivo il ricordo dei due magistrati, e quello di tutte le centinaia di vittime della mafia e delle affini forme di criminalità organizzata, perché il tempo non ne scalfisca il ricordo.
Mi auguro che la memoria pur con il rischio di diventare retorica, sia volta all'impegno quotidiano di ciascuno di noi, perché se 30 anni dopo siamo anche per una piccolissima parte diventati una nazione più giusta, coraggiosa, e democratica lo dobbiamo soprattutto a loro…
Chiara Russo