Il curioso caso di David Fincher: The Game – Nessuna regola
Tra gli autori cinematografici e televisivi più importanti di questi ultimi 30 anni uno dei più rilevanti è senza dubbio David Fincher. Cineasta difficile da collocare e da etichettare, David Fincher nel corso della sua carriera ha realizzato film che sono entrati di diritto nella storia del cinema contemporaneo. Schiacciata tra due cult movie assoluti come Seven e Fight Club (ma ce ne sono altri di film meritevoli di citazione), The Game – Nessuna regola del 1997 è ritenuta un’opera minore all’interno della filmografia del suo autore. Si è detto di un film giusto, uscito nel momento sbagliato, cioè in anticipo sui tempi e su quella compenetrazione tra realtà e finzione che ormai sembra un dato appurato della nostra quotidianità. Fincher stavolta ci spiega, come funziona una messinscena e quali siano le coordinate, e come nulla di ciò a cui assistiamo, appartenga per forza di cose alla sfera della verosimiglianza.
The Game: un film in netto anticipo che ha precorso i tempi forse
Il film potrebbe in un certo senso giocare d’anticipo rispetto allo stile poi portato al successo da Christopher Nolan, in opere come Inception e Tenet, su tutti, ma anche a quel filone di film di cui Il genio della truffa di Ridley Scott, è stato uno dei più riusciti esempi. Parliamo di opere dove a livello narrativo il twist determina il centro nevralgico dell’opera stessa e dove lentamente si rischia di venire risucchiati in un vortice che ha un sapore da storia spy o da thriller in stile puramente hitchcockiano. Ora per quanto attendibili siano certi contesti, le ambientazioni e i personaggi delle storie di David Fincher, la richiesta che viene fatta allo spettatore è quella di accettare un accordo implicito e sottointeso, che ci mette di fronte a una reiterata iperbole, un’esagerazione intenzionale a uso e consumo di un autore con una precisa tesi. Si tratta di un arzigogolo che fa a pezzi il concetto stesso di logicità, il quale non intende scendere a patti con la credibilità, solitamente oggetto della convinzione con lo spettatore, rimanendo implausibile. The Game in effetti è una versione iperrealistica di altre opere come The Cube, El hoyo e Old Boy, ma che guarda in direzione diametralmente opposta rispetto a queste opere, più cupe, oscure e disperate. A ben vedere non è un film sicuramente solare, ma non è nemmeno il sogno oscuro messo in scena da David Fincher, che si spingerà decisamente oltre in altre opere più riuscite come Gone Girl – L’amore bugiardo, The Social Network e soprattutto quel capolavoro stilistico e formale che è stato Zodiac (2007).
Lo sviluppo narrativo dell’opera di David Fincher in The Game
Tuttavia a The Game siamo agevolmente disposti a credere, perché non è un film paranoico o claustrofobico fin dalle prime battute, come accadeva invece nei più riusciti Panic Room o Seven, anche per via della maschera che lo rende credibile con un Michael Douglas ormai legato a questi ruoli che da Wall Street a La guerra dei Roses, passando per Delitto perfetto, è solito interpretare. Il ruolo è ascrivibile a una galleria di personaggi sgradevoli, ricchi e di successo, ma solitari e un po’ annoiati nella loro routine. Ed è proprio in questo meccanismo che irrompe il personaggio di Sean Penn che qui interpreta il ruolo di fratello alias deus ex machina. Tutto si smuove con l’iscrizione a un esclusivo club, il quale organizza giochi personalizzati per animare esistenze monotone. Qualcosa che possa far pensare a un semplice gioco di ruolo, una traslazione nella realtà dei più classici giochi di categoria RPG, ossia i role playing game. Play the game, come cantavano i Queen in un loro classico degli anni ottanta. Giochi di ruolo dove ogni player deve interpretare un determinato personaggio, ben lontani dunque dal contesto del gambling dei vari blackjack, poker o roulette, ma che avviene in modo meno subdolo rispetto alla messa in scena di un film diverso, ma simile come Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick.
Un reality show in stile Ed Tv e Grande fratello, ma più perverso e oscuro
Da questo punto di vista il film sembra essere una anticipazione rispetto a un reality show stile Grande fratello e che al cinema Ron Howard aveva anticipato con Ed Tv, senza dimenticare naturalmente la geniale messa in scena di The Truman Show. In questo territorio cinematografico assistiamo a una completa violazione della privacy, dove si sgretolano le certezze e dove diventa necessario accettare di essere costantemente giudicati e osservati da un occhio sconosciuto e virtuale. Il fatto che anni dopo David Fincher racconterà la scalata di Mark Zuckerberg e di The Facebook è un dettaglio che non si può certo omettere o trascurare. Motivo per cui oggi The Game – Nessuna regola può essere ampiamente rivalutato e ascritto tra i film coraggiosi e meno riusciti della Hollywood degli eccessi e della libertà espressiva e artistica di fine anni Novanta. Niente sarà più come prima infatti, già dopo 10 anni dalla realizzazione di questa opera minore, ma valida diretta da David Fincher.