Anniversario del terremoto del 1693, a Catania focus sulla sicurezza tra passato e futuro
Quello del 1693 in Sicilia è stato il più forte evento distruttivo della storia sismica italiana. La gravità fu enorme in termini di ampiezza di territorio e numero di vittime. E come ricordato dai versi incisi sotto l’arco della Porta Ferdinandea di Ittar e Battaglia - “Melior de cinere surgo” – Catania rinacque sì dalle sue ceneri, ma ancora oggi rimane un territorio ad altissimo rischio. La città è stata dichiarata zona sismica con decreto ministeriale del 1981, ma l’87,8% degli edifici ad uso residenziale è antecedente alla normativa (Fonte Istat 2011). Nell’ultimo mezzo secolo lo Stato italiano ha speso più di 3 miliardi l’anno per attività di ricostruzione da eventi catastrofici. E se queste risorse fossero investite per prevenire le sciagure? L’elevato rischio del nostro Paese non dipende esclusivamente dalla frequenza e dall’intensità dei terremoti: a potenziarne l’impatto è l’elevata vulnerabilità delle abitazioni, degli edifici pubblici, dei fabbricati industriali e produttivi. Dunque la sicurezza antisismica è l’unica urgente contromisura per salvaguardare i cittadini e il patrimonio immobiliare.
Si è discusso di questo, stamattina (11 gennaio) presso l’Aula Magna di Ingegneria, durante il Convegno “1693-2023: 330 anni dal terremoto della Sicilia Orientale - azioni e proposte per la prevenzione e la sicurezza sismica”.
«Con questa iniziativa – ha affermato il rettore dell’Università di Catania Francesco Priolo - vogliamo “fare memoria” ma anche avanzare proposte. Nella nostra terra il rischio sismico è purtroppo molto elevato, è quindi fondamentale che in un luogo come l'Università si continui a parlare di questo problema, avanzando proposte e progetti per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio e le popolazioni».