Autonomia differenziata, Giuseppe Scifo (Cgil): l’Italia tagliata in due
Lo scorso 16 marzo il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, ha dato la sua approvazione in esame definitivo al Disegno di legge che provvede alla definizione dei “Principi generali per l’attribuzione alle Regioni a Statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” e delle “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”. Sull'argomento riceviamo e pubblichiamo una nota di Giuseppe Scifo (nella foto) segretario generale della Cgil di Ragusa.
Si tratta di un provvedimento pericoloso che taglia definitivamente in due l'Italia con il nord sviluppato da una parte e le regioni del mezzogiorno, con le storiche criticità ed inefficienze, dall'altra. Invece c'è bisogno, oggi più che mai, di provvedimenti e leggi per ridurre le diseguaglianze a partire da quelle territoriali tra il Mezzogiorno e le regioni del nord che nel concreto significa differenze tra cittadini con meno possibilità di accesso ai diritti e servizi a partire da quelli fondamentali come la salute, l'istruzione e il lavoro.
L'Autonomia Differenziata rappresenta un attacco all’unitarietà dei diritti che porterà a una inaccettabile cristallizzazione dei divari esistenti o addirittura al loro ulteriore allargamento. Con questo progetto, voluto dalle Regioni più forti del nord e sostenuto fortemente dalla Lega Nord, molte materie fondamentali (sanità, l'istruzione, istruzione, università, ricerca, lavoro, previdenza, giustizia di pace, beni culturali, paesaggio, ambiente, governo del territorio, infrastrutture, protezione civile, demanio idrico e marittimo, commercio con l’estero, cooperative, energia, sostegno alle imprese, comunicazione digitale, enti locali, rapporti con l’Unione europea) saranno sotto la competenza esclusiva delle regioni e lo Stato perderebbe quasi ogni ruolo.
Le Regioni gestiranno queste materie in base alle loro risorse disponibili, finisce così la solidarietà nazionale dove chi ha meno gettito fiscale per causa di una condizione economica storicamente più debole non potrà avvalersi di fondi redistribuiti dallo Stato, e dovrà arrangiarsi con le poche risorse disponibili. Di fatto c'è che si approva il disegno di autonomia differenziata senza stabilire i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) per cui non solo le diseguaglianze oggi esistenti saranno cristallizzate, ma non ci potrà più essere la possibilità di ridurre in nessun modo il divario tra il livello dei servizi erogati nelle regioni del nord rispetto a quelli erogati nelle regioni meridionali.
Così se già oggi il tempo scuola per i nostri bambini è inferiore rispetto al nord del 60% circa, la stessa cosa varrà per la sanità, le infrastrutture materiali e immateriali. Se tutto ciò si realizza di fatto verrebbe meno il principio Costituzionale di unità e indivisibilità della Repubblica previsto dall'art. 5 della Costituzione Italiana.
Proprio perché sono coinvolte le principali leve attraverso cui la Repubblica è chiamata a realizzare il proprio fondamentale obiettivo costituzionale: l’uguaglianza in senso sostanziale, in modo che a tutti sia consentito il pieno sviluppo della propria persona come previsto dall' Articolo 3 della Costituzione.
Facciamo appello affinché si possa mettere in campo uno schieramento ampio di forze sociali, associazioni, cittadine e cittadine per dire no al Progetto di Autonomia Differenziata, per ribadire ancora una volta la difesa della Costituzione Italiana a partire dai principi fondamentali come l'uguaglianza e l'unità nazionale, oggi messi a rischio da questo disegno di legge che di fatto abolisce la solidarietà nazionale. Sosteniamo in questa direzione la proposta di legge popolare promossa dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale per la modifica degli Artt. 116 e 177 della Costituzione perché scuola, sanità, tutela del lavoro, infrastrutture e previdenza siano di competenza dello Stato per l'uguaglianza dei diritti e l'uniformità dei servizi in ogni parte d'Italia, perché vi sia una clausola di supremazia della legge statale a tutela dell'interesse nazionale.