Hamas accetta la proposta Usa per negoziare la tregua
Le stime e le indiscrezioni sono confermate: Hamas ha pubblicato su X una nota ufficiale per dire che ha "inviato una risposta positiva ai fratelli mediatori ed è pienamente pronto ad avviare immediatamente un ciclo di negoziati sul meccanismo di attuazione di questo quadro".
Ossia il cosiddetto 'piano migliorato' dell'inviato per l'amministrazione Usa Steve Witkoff. La stessa bozza accettata da Israele, secondo l'annuncio fatto dal presidente Usa Donald Trump nei giorni scorsi.
La risposta dell'organizzazione islamista era attesa da ore da tutto il Medio Oriente, che guarda con preoccupazione per il destino stesso della regione alle trattative per la fine della guerra a Gaza e la liberazione dei circa 20 ostaggi israeliani ancora a Gaza. Hamas nel suo comunicato indica di aver "completato le consultazioni interne e con le altre fazioni palestinesi sull'ultima proposta dei Paesi mediatori (Usa, Qatar Egitto) per porre fine all'aggressione contro il popolo della Striscia". Una fonte vicina ad Hamas ha riferito a Ynet che l'organizzazione islamista ha chiesto tre modifiche alla bozza americana: riorganizzazione del meccanismo per l'arrivo degli aiuti umanitari in conformità con gli accordi del precedente cessate il fuoco e il ritiro della compagnia statunitense Gaza Foundation; un graduale ritiro dell'Idf sulle posizioni stabilite nel precedente accordo; un impegno a non riprendere i combattimenti anche dopo il cessate il fuoco di 60 giorni con la promessa di proseguire i negoziati. Egitto, Qatar e Stati Uniti devono fornire garanzie per la continuazione del processo.
Israele fino a tarda sera non ha commentato la risposta di Hamas ma una riunione di governo è prevista per sabato, nonostante sia Shabbath, il giorno dedicato al riposo per gli ebrei. Diverse indiscrezioni, da parte araba e israeliana riferiscono che il premier Benyamin Netanyahu e il presidente Donald Trump avrebbero l'intenzione di annunciare congiuntamente l'accordo durante il loro incontro di lunedì alla Casa Bianca.
L'approvazione farà partire 60 giorni di tregua a Gaza durante i quali si terranno i negoziati che dovrebbero mettere la parola fine sul conflitto, sulla sofferenza degli ostaggi ancora vivi e della popolazione nella Striscia. La tv egiziana Al-Rad nel pomeriggio di venerdì ha anticipato che la leadership di Hamas ritiene che i negoziati debbano proseguire oltre il periodo di 60 giorni di cessate il fuoco previsto (con la garanzia Usa che i combattimenti non riprenderanno nel mentre) fino al raggiungimento di un'intesa finale tra le due parti. In Israele questa vota, diversamente che in passato, anche il capo di stato maggiore e lo Shin Bet sostengono l'accordo insieme con il governo guardando all'obiettivo prioritario di liberare gli ostaggi il più rapidamente possibile. Punto, questo, salito al primo posto fra i traguardi della guerra. Il notiziario di Channel 12 in serata ha riferito di un pesante scontro tra i ministri messianici Itamar Ben Gvir, Bezalel Smotrich e il capo dell'esercito accusato di 'non eseguire le istruzioni'. Il primo ministro sarebbe intervenuto alzando la voce, e chiedendo di preparare un piano esteso per l'evacuazione della popolazione di Gaza verso il sud: "Non scenderò a compromessi, Hamas non resterà in alcun modo a Gaza". Secondo la ricostruzione, il capo dell'Idf Eyal Zamir si sarebbe opposto al progetto di controllo sulla popolazione palestinese, avvertendo: "Volete un'amministrazione militare? Chi gestirà due milioni di persone?". "Non voglio un'amministrazione militare - avrebbe risposto Netanyahu - ma non sono disposto a lasciare lì Hamas in alcuna forma. Preparate un piano di evacuazione, voglio vederlo quando tornerò da Washington", avrebbe ordinato. Secondo fonti di Gerusalemme, durante il cessate il fuoco l'Idf rimarrà dentro il perimetro della zona cuscinetto al confine tra Gaza e Israele, compresi altri 250 metri all'interno della Striscia.
Quindi il nuovo perimetro si estenderà da 1,2 a 1,4 chilometri dentro Gaza. L'esercito, secondo le previsioni di Tsahal, non si muoverà dal Corridoio Filadelfia, tra l'enclave e l'Egitto.
Hamas intanto, ha raccontato il media saudita Asharq citando fonti interne all'organizzazione, sembrerebbe disposto a smettere con il contrabbando, la produzione di armi e lo scavo di nuovi tunnel, lasciando il suo arsenale nei magazzini. Ma sarà tutto da vedere, non appena i negoziati riprenderanno il via.
Dopo la risposta positiva di Hamas, annunciata ieri sera, all'avvio di negoziati che portino a un accordo di tregua e rilascio degli ostaggi, Israele si sta preparando a inviare una delegazione per colloqui, probabilmente entro domani a Doha. Intanto, riferisce Channel 12, il governo ha iniziato ad analizzare la risposta di Hamas e ritiene che potrebbero emergere "lacune" nelle posizioni dell'organizzazione che include richieste di modifiche su tre punti centrali: il meccanismo per l'assistenza umanitaria a Gaza, la posizione delle forze israeliane durante la tregua, e le garanzie internazionali che gli Stati Uniti e altri Paesi forniranno fino alla fine delle ostilità. Israele, alla vigilia della partenza per Washington del premier Benyamin Netanyahu, sta valutando in che modo la risposta di Hamas corrisponda alle linee guida stabilite da Gerusalemme e se sia possibile raggiungere accordi.
Secondo Hamas, la distribuzione degli aiuti umanitari dovrebbe tornare al modello precedente, ossia sotto la responsabilità esclusiva dell'Onu, della Mezzaluna Rossa e di altri enti internazionali, senza il coinvolgimento della società privata statunitense Gaza foundation sostenutta da Usa e Israele. Sul piano militare, l'organizzazione fondamentalista esige che l'Idf si ritiri alle posizioni prese durante la precedente tregua, riducendo la sua presenza nelle aree densamente popolate. Secondo fonti palestinesi, Hamas sarebbe disposto ad accettare un ritiro parziale, purché discusso in sede negoziale. Israele, secondo la stampa araba, accetta la prosecuzione dei negoziati anche oltre la scadenza ufficiale.
Fonti diplomatiche arabe hanno dichiarato al quotidiano libanese Al-Akhbar che l'accordo appare ormai vicino, e potrebbe essere attuato rapidamente dopo la firma formale. Tuttavia, secondo gli stessi interlocutori, "le vere difficoltà emergeranno nella fase successiva", con la definizione del cosiddetto "giorno dopo": il destino delle armi a Gaza, la gestione civile della Striscia e le modalità di coordinamento umanitario.