Arcivescovo di Palermo: stop ai mafiosi nelle Confraternite
Non bastano i certificati dei parroci: battesimo, cresima, matrimonio. Questi documenti attestano solo momenti di testimonianza e di partecipazione a volte solo folcloristica alla vita spirituale di una comunità. Per essere ammessi a una confraternita, considerata dalla Chiesa una forma importante di aggregazione ecclesiale, nella diocesi di Palermo saranno necessari altri certificati. Due soprattutto: il casellario giudiziario generale e il certificato dei "carichi pendenti". Un decreto dell'arcivescovo Corrado Lorefice impone una verifica documentale che l'aspirante "confrate" non abbia conti aperti (ma anche chiusi) con la giustizia. E' un altro filtro che la chiesa palermitana vuole introdurre nella selezione dei "confrati" per chiudere ogni canale di infiltrazione. A suggerire la misura sono certamente i tanti episodi raccontati dalla cronaca: dagli "inchini" dei santi davanti alle abitazioni dei mafiosi all'arresto di "confrati" collegati a gruppi criminali. Suscitò molto scalpore nel 2016 una fermata imprevista, in prossimità dell'abitazione della famiglia Riina a Corleone, della processione per la festa di san Giovanni Evangelista. Il capo della confraternita è stato poi condannato a sei mesi con la condizionale. Dopo quell'episodio il vescovo di Monreale, Michele Pennisi, pose il veto ai mafiosi e a tutti quelli che "provocano scandalo" di fare da padrini nelle cerimonie di battesimo. Ora l'arcivescovo di Palermo rincara la dose alzando un altro muro per coloro che "appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici". Il divieto riguarda anche "coloro che hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato". Inoltre "decade automaticamente dal ruolo di confrate chi si rende colpevole dei reati che sono ostativi all'ammissione" mentre "i confrati che siano interessati da provvedimenti cautelari restrittivi della libertà personale, decadono fino all'accertamento giudiziario della loro condizione". Confermato infine il divieto per gli iscritti a logge massoniche. L'arcivescovo Lorefice si dice consapevole che una 'fedina penale pulita' non necessariamente sia indice di 'vita pulita'. E per questo i parroci e gli assistenti spirituali sono incaricati di accompagnare sempre la richiesta di ammissione a una confraternita con una lettera che dia "sufficienti garanzie circa la retta intenzione del richiedente e la serietà della sua vita". I parroci dovranno, in sostanza, inoltrarsi lungo i percorsi tortuosi e opachi dei confrati dove neanche la giustizia è arrivata. I mafiosi sappiano che un giudice magari non ti vede ma non puoi sfuggire all'occhio terreno del Signore.