L'omicidio Vizzini a Pachino, a sparare a "Marcottu" uno dei due fuggitivi
Sia la vittima che i presunti assassini che hanno esploso 8 colpi di pistola contro Corrado Vizzini, 55 anni, morto dopo undici giorni di agonia all'ospedale di Avola, non farebbero parte di nessun gruppo criminale di Pachino. Nè i quattro fermati, nè il "Marcottu", sarebbero legati al clan di Noto, nè ai Cursoti di Catania.
Non avrebbero mai avuto relazioni con il presunto boss di Pachino, Salvatore Giuliano, finito in cella nell'operazione della polizia Araba Fenice ed attualmente al 41 bis nel carcere di Sassari. Per gli investigatori sarebbero dei "cani sciolti", interessati ai traffici illeciti nella città del "pomodorino". I loro maggiori proventi, arriverebbero dallo spaccio di droga. Senza un capo mafioso in grado di "controllarli", farebbero il bello ed il cattivo tempo.
Sul delitto Vizzini avvenuto in via De Santis la sera dello scorso 16 marzo, sono state fondamentali le telecamere di video sorveglianza che avrebbero registrato la sequenza dell'agguato mortale. Sarebbe stato uno dei due fuggitivi, Massimiliano Quartarone o Giuseppe Terzo a impugnare la pistola ed a esplodere in rapida successione 8 colpi. Quattro sono quelli che hanno attinto Vizzini. Il piombo che ha raggiunto all'addome il personaggio da "eliminare" sarebbe stato fatale, nonostante l'intervento chirurgico a cui era stato sottoposto dai medici del "Di Maria" di Avola. Ci sono ancora misteri dietro l'agguato, ma soprattutto capire il ruolo avuto da Giuseppe Terzo, Sebastiano Romano, e Stefano Di Maria, fermati mercoledì scorso insieme a Quartarone, ritenuto l'esecutore materiale. Avrebbe fatto fuoco per avere subito un affronto con un attentato con il fuoco. Il presunto killer è stato catturato a Vercelli, mentre Terzo è stato ammanettato a Genova. Entrambi avrebbero fiutato pericoli a Pachino, sia da parte dei "Marcottu" che dalla polizia che già dopo 48 ore dall'agguato aveva imboccato la pista giusta.
Questa mattina davanti al Gip Andrea Migneco sono comparsi Stefano Di Maria e Sebastiano Romano, i quali hanno scelto due strade diverse: il primo si è sottoposto all’esame del giudice dichiarandosi assolutamente estraneo all’omicidio di Corrado Vizzini, il secondo, invece, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Di Maria, nel negare la sua partecipazione all’agguato mortale, ha detto di essere stato minacciato – senza però specificare da chi – affinchè manomettesse le telecamere installate nella strada in cui lui risiede. Il giovane ha detto di conoscere gli altri tre indagati, così come conosceva anche la vittima dell’attentato, ma ha sostenuto di non avere avuto alcun contrasto con la vittima.
Il Gip Migneco si è riservato di decidere sulla richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere per i due giovani di Pachino. Se ne parlerà domani mattina.
E domani mattina, alle 9,30, nel carcere di Genova, avrà luogo la convalida del fermo di Giuseppe Terzo, 26 anni, anche lui ritenuto un componente del commando di fuoco. Giuseppe Terzo, partito alla volta di Genova un giorno dopo l’attentato a Vizzini, è stato fermato dagli agenti della Polizia di Stato. La famiglia ha incaricato l’avvocato Giuseppe Gurrieri di recarsi a Genova per assisterlo. Verrà interrogato dal gip del Tribunale ligure, Luisa Avantino.
Alla stessa ora, nel carcere di Vercelli si svolgerà la convalida del fermo di Massimiliano Quartarone, 24 anni, difeso dall’avvocato Junio Celesti. Il giovane, anche lui partito da Pachino per il nord Italia immediatamente dopo l’agguato teso a Corrado Vizzini, è stato fermato dagli agenti del Commissariato di Vercelli, in Piemonte e rinchiuso nella locale Casa Circondariale. Comparirà davanti al gip Claudio Passerini.