Pachino, aveva dichiarato guerra al fratello a suon di bombe: 5 arresti per estorsione
Agenti della Polizia di Stato, in servizio al Commissariato di Pachino, hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti accusati, a vario titolo, della commissione di alcuni atti intimidatori perpetrati ad ottobre e novembre dello scorso anno in città, nell'ambito dell'operazione "Opera dei Pupi". A tradire gli arrestati, oltre alle indagini di polizia giudiziaria, pure i filmati registrati dalle telecamere di video sorveglianza. Si tratterebbe di una serie di "avvertimenti" con il fuoco e di due attentati dinamitardi, uno andato a vuoto per un difetto nell'innesco.
Gli ordini di carcerazione sono state richiesti dalla Procura della Repubblica di Siracusa e accolte dal Gip del Tribunale di Siracusa, Andrea Migneco dopo che gli inquirenti hanno svolto accurate indagini ed hanno raccolto precisi riscontri probatori a carico degli arrestati. Indagini fatte dagli agenti del Commissariato di pachino diretti dalla vice questore, Maria Antonietta Malandrino.
In carcere sono finiti: Renato Boager, 54 anni, attualmente detenuto in Calabria a Paola, Antonio Piazzese di 41, originario e residente a Rosolini, Corrado Caruso, 43 anni, Maria Caruso di 57, di Rosolini e Cristian Rubbera, 28 anni, anche lui di Rosolini.
Tre gli episodi contestati agli indagati. La sera del 16 ottobre 2018 all'1.50 circa, veniva collocato dinanzi al negozio di ricambi per auto di proprietà di Giuseppe Boager, in via Marsala, un ordigno che non esplodeva per un difetto di innesco. Poi il 31 ottobre veniva data alle fiamme l’autovettura FIAT Panda di proprietà di Giuseppe Boager, ma in uso al figlio Salvatore.
Il 14 novembre invece un secondo ordigno piazzato nuovamente dinanzi alla saracinesca del medesimo esercizio commerciale, veniva fatto esplodere provocando ingenti danni.
Gli episodi sopra indicati, sin da subito, venivano inquadrati nell’ambito di una contrapposizione familiare già in essere da almeno due anni, che vedeva Renato, Boager personaggio di spessore criminale ben conosciuto a Pachino, protagonista di atti di violenza nei confronti dei parenti che non attuava personalmente poiché, con studiata strategia criminale, aveva commissionato a pregiudicati di Pachino, per evitare di incappare nelle indagini della polizia. Per questi reati, peraltro, Bogar stava già affrontando un processo al termine del quale, nello scorso mese di gennaio, veniva condannato alla pena di 5 anni e 3 mesi di reclusione (indagini del Commissariato di Pachino).
Le indagini svelavano come, mosso da rancore, Renato Boager anche dal carcere continuava a progettare atti contro il fratello Giuseppe, nei cui confronti era riuscito a far commettere due atti intimidatori nel vano tentativo di condizionarne la testimonianza nel processo in cui risultava imputato. Come si vedrà, dopo la condanna inizierà a progettarne altri ben più gravi che attentavano alla vita del fratello.
Le indagini condotte dal Commissariato Pachino, nei tre episodi, traevano spunti utili da quanto emerso dalla rilevazione delle immagini della videosorveglianza, che fornivano elementi inequivocabili.
Mentre più immediata risultava l’indagine relativa all’incendio dell’autovettura FIAT Panda di proprietà di Giuseppe Boager che portava al fermo di indiziato di delitto, già nella stessa giornata (31 ottobre 2018), a carico di Maicol Zisa, e Salvatore Cianchino, quali autori materiali dell’atto intimidatorio, soltanto successivamente, e a conclusione delle indagini, emergerà che il mandante era stato Renato Boager.
Negli atti intimidatori in danno dell’attività commerciale gestita da Giuseppe Boager le telecamere consentivano di raccogliere i primi elementi fondamentali per le indagini, a partire dalla presenza sul luogo del delitto di un’autovettura A.R. 147 di colore grigio, di proprietà di Maria Caruso ma in uso a Antonio Piazzese usata per commettere i reati.
Gli accertamenti sulla donna svelavano come il compagno Corrado Caruso fosse detenuto nel carcere di Cavadonna proprio nella stessa cella di Renato Boager. Si avviavano, pertanto, una serie di attività tecniche sulle utenze in uso alla donna, ma anche a Piazzese, emergendone come costoro riuscissero a comunicare tramite “utenze citofono” con entrambi i detenuti, Corrado Caruso e Renato Boager, chiedendo informazioni sulle indagini che riguardavano i fatti accaduti a Pachino. Cercavano infatti, informazioni rassicuranti, temendo che gli indumenti sequestrati dalla Polizia potessero ricondurre alle loro responsabilità.
Si comprendeva che i cellulari erano stati indebitamente introdotti all’interno del carcere da Maria Caruso verosimilmente in occasione dei colloqui, durante i quali, consegnava al compagno le sim card intestate al proprio figlio defunto, nella speranza di eludere eventuali intercettazioni.
Proprio le intercettazioni evidenziavano in Piazzese, l’uomo di fiducia della donna a cui la stessa aveva dato incarico di eseguire gli atti intimidatori commissionati da Renato Boager.
Ciò che muove Piazzese nel realizzare le volontà di Boager a lui giunte per il tramite dei Caruso è certamente il denaro, anticipatogli proprio dalla donna con il quale viene remunerato il lavoro e che, in parte, Piazzese deve ancora riscuotere come si evince da alcune intercettazioni, in cui si lamenta con Cristian Rubbera con cui quotidianamente si accompagna.
Dai colloqui in carcere tra i conviventi Caruso si riusciva a ricostruire la vicenda dell’attentato intimidatorio nei confronti di Giuseppe Boager, persona stimata e benvoluta a Pachino, che risultava ideato dal fratello Renato ed affidato per la materiale esecuzione ad Antonio Piazzese in una delle due circostanze accompagnato da Cristian Rubbera.
Analogamente, si ascoltava Renato Boager, indifferente per avere trascinato altri nella commissione degli atti intimidatori, oramai con l’unico scopo di vita quello di condizionare l’esito del processo penale, sovente al telefono con amici fidati, commentare con sadico piacere il fatto che i propri parenti, al suo cospetto nell’aula del Tribunale, risultavano terrorizzati per gli attentati subìti proprio in prossimità delle udienze.
Inoltre, renato Boager dando ulteriore mandato al compagno di cella Caruso, cerca di ottenere che Piazzese compia un più grave gesto, una gambizzazione o addirittura l’omicidio per il quale è disponibile a pagare rispettivamente la somma di 3.000 e 20.000 euro, come emergerà dai colloqui in carcere in cui Corrado Caruso si offrirà di realizzarlo personalmente non appena uscito dal carcere, atteso che la compagna Maria gli precisa che Piazzese non è in grado di compiere un così grave gesto.
Che tra Boager e Corrado Caruso sia stato stipulato tale “pactum sceleris” vi è conferma in un’altra conversazione in cui Corrado Caruso rivela alla Maria Caruso che nel testamento di Boager questi lo ha nominato erede di un immobile.
Invero, l’odio che muove Renato Boager verso i propri parenti era stato rilevato già nel 2017 durante le indagini che hanno portato alla condanna di Boager e di Damiano Rizza ritenuto l’autore materiale dell’aggressione in danno di Filippo Borgh, cognato di Renato Boager commissionata proprio da quest’ultimo.