Minacce ed estorsioni, 31 arresti tra le province di Roma e Catania: sventato un sequestro
Blitz dei carabinieri del Ros tra le province di Roma e Catania contro presunti appartenenti al clan Fragalà: arresti e perquisizioni sono scattati nei confronti di numerosi soggetti ritenuti responsabili di intimidazioni a commercianti e imprenditori, estorsioni, minacce e attentati nell'area a sud della Capitale tra Ardea, Pomezia e Torvajanica. Dalle indagini, nel corso delle quali è stato sventato un sequestro di persona con la liberazione dell'ostaggio e l'arresto di 8 sequestratori, è inoltre emerso che i presunti appartenenti al clan gestivano il traffico di cocaina, marijuana e hashish dalla Colombia e dalla Spagna grazie ad alleanze con gruppi campani e siciliani. Nel corso delle indagini i carabinieri hanno sequestrato anche un documento manoscritto di affiliazione mafiosa.
Ma le indagini sono nate molto tempo prima anche grazie alla testimonianza di un pentito della famiglia, Sante Fragalà in carcere per scontare una condanna a 26 anni per duplice omicidio. Ed è proprio dalla cella nella quale si trova recluso che ha diviso di parlare e raccontare come il clan si è preso mano mano il Lazio grazie anche all’alleanza con i Santapaola, potente clan catanese. Secondo il racconto di Fragalà, considerato da chi indaga molto credibile, l’invasione ha radici lontane: il 1991, ovvero 28 anni fa. E, con il passare del tempo, grazie anche all’imponente mole criminale, i Fragalà si sono affermati sempre di più sul litorale romano perché “è più difficile essere accusati di mafia da queste parti”. Ma, fortunatamente, non è più così.
E' di 31 arresti il bilancio dell'operazione dei carabinieri del Ros, coordinati dalla Dda di Roma, contro il clan Fragalà. Tra gli arrestati, Francesco D'Agati considerato anziano boss mafioso di Cosa Nostra che, secondo gli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo di mediatore per mantenere la "pax" tra gruppi criminali presenti sul quel territorio. Per chi indaga il gruppo dei Fragalà avrebbe stipulato un patto "federativo" con i Casalesi, i Fasciani e Senese. Le indagini, durate due anni, sono state corroborate anche da riscontri di un collaboratore di giustizia e hanno consentito di ricostruire l'organigramma del clan. Secondo le indagini ai vertici dell'organizzazione c'erano Alessandro Fragalà, di 61 anni, il nipote Salvatore di 41 anni, e Santo D'Agata 61 anni, che sarebbero stati in costante contatto con gli ambienti mafiosi catanesi sia per la gestione dei traffici illeciti sia per reclutare manodopera criminale per lo svolgimento dell'attività delittuosa nel Lazio.
Tra le persone arrestate c'è anche Francesco D'Agati, un uomo di 'Cosa Nostra'. Anni fa era capo mandamento di "Villabate", alle porte di Palermo. Uno dei mandamenti al centro delle storiche indagini di Dda del capoluogo siciliano". Lo ha detto il procuratore facente funzioni di Roma, Michele Prestipino, nel corso di una conferenza stampa. "Un'inchiesta durata due anni, partita con Giuseppe Pignatone, e che ha portato alla luce una famiglia mafiosa a tutto tondo, perché i componenti risiedono e operano in questo spazio criminale. Nell'esercizio di queste attività - ha spiegato Prestipino - il clan di origine catanese si è 'federato' con altri gruppi criminali, in particolare con uomini vicini ai Casalesi con cui hanno dato vita a un cartello mafioso. Nel tempo abbiamo colto, infatti, rapporti con i Fasciani di Ostia e con i gruppi napoletani dei Senese". Tra i 31 arresti di oggi, anche tre donne.
C'è anche Astrid Fragalà, ex presidente di Confcommercio di Pomezia, tra gli arrestati dell'operazione del Ros contro il clan Fragalà. La donna si trova ora ai domiciliari. Per gli inquirenti avrebbe svolto un ruolo di "cerniera" tra il padre Alessandro, individuato a capo dell'organizzazione, ed "esponenti della politica e dell'econonomia" di Pomezia. Contatti, anche con alcuni consiglieri comunali che sono estranei all'indagine, "finalizzati al condizionamento dell'amministrazione comunale". A finire in manette anche altre due donne. Per gli inquirenti erano "soldati della cosca" che dovevano tessere rapporti con società e politica.