Mafia, locali notturni di Palermo e provincia sotto estorsione: undici arresti
Un'operazione antimafia è stata condotta a Palermo dai Carabinieri, che hanno eseguito un'ordinanza cautelare in carcere nei confronti di 11 persone accusate di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Le indagini, coordinate dalla Dda, hanno fatto emergere gli interessi di Cosa nostra sul controllo e la gestione di locali notturni nel capoluogo e in provincia. L'organizzazione riusciva a controllare i servizi di sicurezza privata nel locali della movida imponendo gli addetti e le tariffe per ogni operatore impiegato.
La figura di spicco dell'organizzazione, secondo gli inquirenti, era Andrea Catalano che avrebbe sfruttato solidi legami con gli esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova. Per eludere la normativa di settore erano state fondate due associazioni di volontari antincendio nell'ambito delle quali venivano formalmente impiegati, in qualità di addetti antincendio, quei "buttafuori" che a causa dei loro precedenti penali si trovavano nell'impossibilità di ottenere la necessaria autorizzazione prefettizia. Numerose intercettazioni hanno consentito di documentare le estorsioni nei riguardi dei titolari di almeno cinque locali notturni di Palermo e provincia ai quali veniva imposta, mediante violenze e minacce, l'assunzione dei "buttafuori". Ad esempio Massimo Mulè, ritenuto reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro, arrestato prima nell'operazione Perseo del 2008 e successivamente nel 2018 nell'operazione Cupola 2.0 e che lo scorso agosto era stato scarcerato dal Riesame, aveva imposto che il cognato Vincenzo Di Grazia fosse impiegato stabilmente nella gestione della sicurezza nel corso di diverse serate organizzate presso un noto locale della movida palermitana. Le lamentele del capo della sicurezza di quel locale, costretto a escludere, a turno, uno degli addetti solitamente impiegati, sarebbero state soffocate dai fratelli Andrea e Giovanni Catalano con minacce pesantissime nei suoi riguardi e dei suoi familiari.
Ecco gli indagati nell'operazione Octopus dei carabinieri: Massimo Mulè, 47 anni, Andrea Catalano, 52 anni, Giovanni Catalano, 44 anni, Vincenzo Di Grazia, 39 anni, Gaspare Ribaudo, 28 anni, Antonino Ribaudo, 52 anni, Cosimo Calì, 46 anni, Emanuele Cannata, 24 anni, Mario Giordano, 18 anni, Emanele Rughoo Tejo, 43 anni, Francesco Fazio, 22 anni.
"Le indagini sono andate avanti dal 2016 fino a pochi mesi fa. E' stato accertato che almeno in cinque locali di Palermo e provincia venivano imposti i buttafuori e il personale della sicurezza ai titolari. Il metodo utilizzato per l'imposizione del personale era quello consueto utilizzato dalla mafia attraverso intimidazioni e in alcuni casi anche minacce di far accadere disordini all'interno dei locali". Lo afferma il colonnello Angelo Pitocco comandante del gruppo carabinieri Palermo, commentando l'operazione antimafia che ha portato in carcere 11 persone accusate di estorsione aggravata dal metodo mafioso. "L'indagine nasce dai contatti dei carabinieri con i locali notturni attraverso alcune segnalazioni ricevute. Da qui si è partiti attivando intercettazioni, pedinamenti e investigazioni classiche", ha aggiunto. Gli imprenditori in questa indagine non hanno collaborato subito ma successivamente. "Abbiamo accertato che i titolari dei locali hanno pagato e hanno acconsentito a che il personale della sicurezza fosse imposto - prosegue - e in altri casi hanno subito il pagamento di quote in base al numero di buttafuori che avevano all'interno dei locali. I locali che hanno subito l'estorsione sono a Palermo e in provincia".