Modica, la città e i giovani: secondo incontro del corso per docenti e operatori sociali
Una città da riscoprire e da consegnare ai giovani. Perché le città non sono cumuli di pietre, ma hanno un'anima. È questo il tema che ha accompagnato la riflessione nel secondo incontro del corso di formazione per cinquanta tra docenti, educatori, operatori sociali e responsabili di economia civile dal titolo: 'Riscoprire l'anima delle città. Educare alla luce della Costituzione repubblicana e dei suoi valori fondamentali'. Il corso è promosso da: Caritas diocesana di Noto, Fondazione di Comunità Val di Noto, Istituto superiore 'Galilei-Campailla' di Modica, Crisci ranni, cooperativa L'Arca, Progetto Policoro, Casa don Puglisi. Anche il secondo appuntamento si è tenuto a Villa Polara, a Modica. La relazione di don Christian Barone, docente alla Pontificia Università Gregoriana e assistente della Caritas diocesana di Noto, ha preso le mosse da un testo di Italo Calvino per indicare alcuni snodi del mutamento di scenario occorso nella società occidentale con l'ingresso nella modernità.
Don Christian si è soffermato poi sull'apatia dei giovani, “determinante per capire il senso della città”. In questo contesto, gli adulti, spesso anche nella scuola, attuano la tecnica dello scaricabarile: “In fondo, dopo che li abbiamo congedati, non ci riguardano più. Questa assenza d'importanza e di peso li rende incredibilmente leggeri, una leggerezza ingannevole. La leggerezza del nulla sperare, del nulla desiderare si trasformerà in pesantezza individuale e sociale. A quali povertà li condanna la scuola del non impegno? Quella economica, quella sociale, certamente. Ma soprattutto alla povertà umana, la totale sfiducia in loro stessi”. E ha aggiunto: “Se si risvegliasse don Milani che direbbe della scuola di oggi? Che fare, quindi? “Recuperare innanzitutto l'idea di polis, dove si vive e si ricerca insieme il bene comune: lae innanzitutto l'idea di polis, dove si vive e si ricerca insieme il bene comune: la città può assumere nuove cose senza distruggere quelle antiche ripensando spazi di vita, rivoluzionando la relazioni senza umiliare la persona, senza tradire il territorio”. E così la speranza “aiuta a leggere teologicamente la città e le sue periferie come dice Papa Francesco, non come contenitori di problemi da affrontare ma come luogo in cui costruire nuove relazioni, in cui costruire fraternità, e non solo un giardino di pietre, ma anche un rinnovato spazio di interrogazione sul senso della vita”. La città deve avere, quindi, una vocazione materna, per essere un luogo “in cui contrastare l'occlusione del futuro, allevando la cultura e la speranza. E infine: “La chiesa esorta la cittadinanza come esercizio di responsabilità; l'indebolimento delle istituzioni, la percezione di insicurezza, di violenza, stanno portando al generarsi di numerose spirali di abbandono negli agglomerati urbani entro cui è minata la possibilità di creare legami e di sperimentare e costruire una coesione. L'orizzonte a cui guardare è quello della cittadinanza, come sfida verso cui convogliare i nostri sforzi, le nostre energie, l'impegno del nostro lavoro contro ogni facile disfattismo”. A seguire, tre interventi anch'essi molto significativi. Suor Adriana Marsili, una vita in missione (dalla Sierra Leone, negli anni della guerra, al Camerun) oggi è tornata in Italia, a Modica, dove vive in comunità insieme ad altri missionari: “Non sono altro che una piccola risorsa in mezzo a voi. Quello che posso condividere con voi è quello che ho toccato con mano. La Sierra Leone: un paese pieno di diamanti, oro, titanio, petrolio, riso che si può coltivare tre volte l'anno. E invece il riso arrivava con le navi da Vercelli, queste cose le ricordo bene. È un segno dell'ingiustizia: dobbiamo ricordarci che i barconi vanno da sud a nord e le multinazionali da nord a sud”. Irene Cerruto ha illustrato il lavoro del progetto Presidio, con i lavoratori stranieri impiegati e spesso sfruttati nel settore agricolo. Un presidio fisso a Pachino, ma anche quello mobile, che all'alba va a intercettare i lavoratori stagionali: offre ascolto, la possibilità di studiare l'italiano, assistenza legale, cure mediche. Un impegno che, come ha ricordato Maurilio Assenza, direttore della Caritas diocesana, portava avanti con passione il dottore Piero Iemmolo, scomparso a luglio a causa di un incidente stradale. Era stata sua l'intuizione di mettere a disposizione una casa in centro storico, a Modica bassa, per chi si trovava senza un tetto. Oggi ci vivono cinque persone.
Tra queste Arfang Ndow, 19 anni, del Gambia. “Cinque mesi fa – ha raccontato a docenti e operatori sociali - ero in mezzo alla strada, non avevo dove dormire, perché la comunità dove lavoravo doveva chiudere. Padre Vittorio mi ha fatto conoscere queste persone, che mi hanno accolto. Io Piero non l'ho mai incontrato: secondo me, però, sa di me, perché io so un po' di lui. Grazie a lui perché ha fatto una cosa molto giusta: aiutare persone che non hanno dove dormire”. Arfang ha aggiunto: “Io dico grazie a Dio perché ho trovato degli amici, delle persone che mi vogliono bene, che mi aiutano... quando ho avuto la residenza, dopo tre anni che ero qui, mi sono messo a piangere: ero felice. Modica la tengo in mano e la metto dentro il mio cuore, la devo tenere dentro di me, perché qui ho ricevuto davvero tanto”. Una testimonianza di come, in un momento in cui i discorsi di intolleranza e odio si moltiplicano, la comunità che si apre all'altro e alla speranza di un mondo più giusto possa trasformarsi in un luogo di accoglienza e di crescita.