La Sicilia araba
Quest’anno le classi prime della Scuola Media Giovanni XXIII hanno partecipato, in giorni diversi, a un interessante tour proposto dal Mas ( Modica Art System) recandosi a visitare Modica Alta sulle tracce degli Arabi e della loro dominazione nel nostro territorio . Lo scopo di questa visita, che è anche tra quelli del Mas, è stato quello di far capire ciò che gli Arabi hanno lasciato a Modica e alla Sicilia tutta, collegando la storia del passato a quella di oggi
Grazie ad una sapiente guida e a una ulteriore ricerca in classe, noi alunni abbiamo appreso che
la conquista araba della Sicilia inizia ufficialmente nell’anno 827 D.C., con la conquista di Mazara del Vallo, ma i Bizantini combatterono energicamente per tenersi l’isola; di conseguenza, la guerra si trascinò per diversi anni distruggendo uomini e risorse e tormentando l’isola con carestie e peste .
Palermo cadde nell’831 e successivamente Messina, Enna, Siracusa, Taormina; Modica fu conquistata nell’844 e in poco tempo gli Arabi ottennero il controllo della Sicilia.
In Sicilia non ci fu un regno unitario arabo ma tante piccole signorie rette da “Kadì”. I Siciliani che erano stati conquistati furono dichiarati “Dzimna” (cioè inferiori) e fu proibito loro di andare a cavallo; bere vino in pubblico; celebrare funerali solenni. Per quanto riguarda la religione, i Musulmani furono tolleranti e non costrinsero i Siciliani cristiani alla conversione all’Islam accontentandosi del pagamento di un tassa chiamata “Gezia”. Inoltre, sia i Cristiani che gli Ebrei dovevano segnare le vesti per essere riconosciuti; non potevano suonare le campane, portare la croce nelle processioni o leggere la Bibbia a poca distanza dai Musulmani. Infine, dovevano rispettare gli Arabi alzandosi al loro apparire o facendoli passare in una pubblica via. Tutto ciò era duro ma non può considerarsi una persecuzione religiosa vera e propria.
L’Islam è una cultura caratterizzata dalla mancanza di una religiosità centrale, differente dal Cristianesimo in cui si fa sempre capo all’istituzione della chiesa e del Papa. Probabilmente fu grazie a questa sorta di libertà che la dominazione araba in Sicilia fu caratterizzata da un’apertura cosmopolita finora sconosciuta in Occidente.
Il contributo arabo in ambito agricolo fu molto importante. Fino a quel momento l’agricoltura siciliana era basata sul latifondo. Gli Arabi scelsero il frazionamento dei latifondi e appezzamenti di terreno dove introdurre e sperimentare le nuove tecniche di irrigazione. Da ricordare, soprattutto, le opere di canalizzazione che consentirono l’uso razionale delle risorse idriche.
Vennero introdotte nuove colture come l’arancio, il dattero, il cotone, la canna da zucchero, lo zibibbo, il pistacchio e il limone. Furono incrementate le piantagioni di gelsi con conseguente realizzazione di impianti di manifatture per la seta. Quindi, grazie alla dominazione araba in Sicilia, non vennero prodotti solo vino e grano, ma anche nuove colture, che diedero un notevole apporto all’economia locale.
Durante i 200 anni di dominazione, gli Arabi portarono nell’isola la cultura, la poesia, le arti, le scienze orientali e abbellirono il loro regno con monumenti stupendi.
Palermo (in Arabo Balarm), capitale dell’emirato, divenne il centro di irradiazione della civiltà intellettuale, artistica e commerciale islamica. Si contavano più di 300 moschee e una popolazione di circa 250.000 abitanti, quando a Roma o a Milano non c’erano più di 20.000 o 30.000 persone.
Purtroppo a causa della successiva dominazione Normanna non rimane quasi nessuna testimonianza architettonica. Le moschee furono trasformate in chiese cristiane ed in generale è difficile distinguere la parti originali arabe da quelle normanne.
Ma certamente l’eredità culturale araba è ancora oggi riconoscibile nella tradizione linguistica della Sicilia. Numerosissimi nomi di città siciliane provengono da parole arabe per esempio da “Kalat” (castello) : Caltagirone, Caltanissetta, Caltavuturo; da “Marsa” (porto): Marsala e Marzamemi; da “Gebel” ( monte): Gibellina, Gibilmanna, Gibilrossa, da“Rahal” (casale) : Racalmuto, Regalbuto.
Inoltre, ancora oggi, nella nostra lingua usiamo comunemente moltissimi termini di origine araba, soprattutto di carattere agricolo; ne citiamo alcuni: cafìsu , misura per l'acqua che deriva dall’arabo “qafiz”; carrubba , frutto del carrubo da “harrub”; cassata da “qashata”; giuggiulena , seme di sesamo da “giulgiulan”; zaffarana , zafferano da “zaʿfarān”; zagara , fiore dell'arancio da “zahra” bagghiu , cortile da “bahah”; balata , pietra da “balat”; tùmminu , tumolo da “tumn”; gebbia , vasca di conservazione dell'acqua da “jabh”, favara , sorgente d'acqua da “fawwara”; maìdda , recipiente in legno usato per impastare la farina da “màida”; mischinu , poverino dall'arabo “miskīn”, saia , canale da “sāqiya”; taliàri , osservare “da ṭalaʿa´”; zuccu - tronco dell'albero da “sūq”.
Altra importantissima eredità è la cucina che ha una forte impronta araba che si riconosce nell’uso delle spezie e dello zucchero. Numerosi i piatti arabi: il cuscus , la cassata , le arancine, il gelato, la granita…
Anche antichi riti “magici”, credenze popolari, come le truvature, scongiuri e fatture probabilmente derivano dalla cultura araba.
La dominazione Araba termina con la perdita della città di Noto ad opera dei Normanni nel 1091, eppure gli Arabi in soli due secoli hanno lasciato una impronta fortissima che né Normanni, né Svevi, né Spagnoli o Francesi e per ultimo i Piemontesi sono riusciti a cancellare.