Stato-mafia, i silenzi di Graviano a Palermo: "Non rispondo"
Era il giorno del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano al processo sulla trattativa stato-mafia, ma si e' avvalso della facolta' di non rispondere. Rinunciante l'anziano capo dei capi Toto' Riina, Graviano, in collegamento in videoconferenza con l'aula bunker del carcere Ucciardone, e' stato interpellato stamane dal presidente della Corte d'assise Alfredo Montalto. In aula i pm Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi e i sostituti della Procura nazionale antimafia Nino Di Matteo e Francesco Del Bene. Il boss di Brancaccio prima ha comunicato di non acconsentire alle video riprese, poi ha detto: "Mi avvalgo della facolta' di non rispondere". Era stato, nelle scorse udienze, il pm Di Matteo a spiegare perche' doveva essere sentito: "L'esame di Graviano attiene alla contestazione che ha subito con l'avvio di questo processo, e cioe' di avere partecipato con piu' condotte alla violenza e alla minaccia al corpo politico dello Stato". Non solo. Giuseppe Graviano e' stato intercettato per oltre un anno mentre discuteva con il compagno di socialita' Michele Adinolfi. Su questo ieri in aula era andato in scena un duello tra periti: per quelli della Corte il boss nelle sue conversazioni avrebbe pronunciato la parola "Berlusca" nel ricostruire rapporti, interessi e 'tradimenti'. Di tutt'altro avviso il consulente della difesa, secondo cui avrebbe pronunciato il termine "bellissimo".
Giuseppe Graviano, era stato intercettato per svariati mesi durante le ore di socialita' e passeggio nel carcere di Ascoli Piceno mentre parlava con il Michele Adinolfi. La Corte d'assise il 29 giugno aveva deciso di "ammettere" al dibattimento queste intercettazioni (21 su 32). Comprese quelle in cui il boss indagato, tra le altre cose, parla di Silvio Berlusconi ("Mi ha chiesto una cortesia...", dice in un dialogo intercettato; in un'altra lo chiama "traditore": "Trent'anni fa mi sono seduto con te... Ti ho portato benessere...", si sfogava ancora col suo interlocutore Adinolfi). Ma anche quella del 23 aprile 2016 in cui il boss conversa con la moglie e il figlio sulle modalita' di concepimento di quest'ultimo. Il figlio infatti e' stato concepito quando il boss era gia' in detenzione col regime del 41 bis. "Per questo - aveva spiegato Di Matteo - porremo domande a Graviano sulle ragioni che portarono alle stragi del 1992 e del 1993, sui contatti tra soggetti esterni e cosa nostra, se ci furono, e come e in cosa questi abbiano agito ed influito. Porremo anche domande - ha aggiunto - sul concepimento del figlio Michele e del nipote (figlio di Benedetto), in particolare sulle modalita', sui tempi". Ma in aula il boss di Brancaccio ha per il momento scelto la strategia del silenzio.