Tre anni e 6 mesi all'ex capitano del Palermo Calcio per estorsione
Parabola insidiosissima e cartellino rosso per l'ex bomber di Juve, Benfica e Palermo. Con la sentenza del Gup Walter Turturici, Fabrizio Miccoli, condannato oggi pomeriggio, dopo otto ore di camera di consiglio, a 3 anni e sei mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso, ha ottenuto solo le attenuanti generiche: l'unico parziale sconto rispetto alla richiesta del pm Francesca Mazzocco, che aveva proposto una condanna a 4 anni. In passato pero' la Procura aveva chiesto l'archiviazione per il calciatore che defini' il magistrato ucciso dalla mafia Giovanni Falcone "un fango", e il rinvio a giudizio per Mauro Lauricella e Gioacchino Amato: il primo e' figlio del boss Antonino Lauricella; l'altro fu condannato al maxiprocesso. I due sarebbero stati gli esecutori materiali dell'estorsione ai danni di Andrea Graffagnini, un giovane imprenditore che era subentrato nella proprieta' della discoteca di Isola delle Femmine (Palermo) Paparazzi, in cui avrebbe avuto interessi anche l'ex difensore del Palermo Andrea Barzagli, oggi centrale della Juventus e della nazionale: mandante delle pressioni illecite e minacciose, secondo l'accusa, sarebbe stato proprio Miccoli. Graffagnini avrebbe dovuto 12 mila euro a Giorgio Gasparini, ex fisioterapista del Palermo calcio, che per ottenere quanto riteneva gli spettasse si era rivolto, attraverso Piero Accardi, altro ex difensore rosanero, appunto a Miccoli.
I pm Mazzocco e Maurizio Bonaccorso avevano ritenuto di non avere elementi sufficienti per procedere e avevano chiesto l'archiviazione. Quasi un anno fa, l'11 ottobre scorso, dopo anni di notizie e indagini, era invece arrivata per Miccoli l'imputazione coatta per estorsione aggravata. Una brutta caduta quella di Fabrizio Miccoli, il numero dieci che ha fatto scalare la passione rosanero sulle alte quote della classifica, per poi infrangersi contro il muro delle sue amicizie pericolose.
Chiese a suo tempo scusa, ma dovette lasciare il Palermo; persino il Comune di Corleone sciolto per mafia gli ritiro' la cittadinanza onoraria. Nella primavera del 2013 era stato intercettato mentre definiva Giovanni Falcone "un fango", una feccia insomma: "quel fango di Falcone", concedeva divertito all'amico al telefono. "Io a Mauro ci credevo, come persona e come mio amico, al di la' di quello che poteva essere il padre": ingenuo o bravo attore, Miccoli rispondeva cosi' nell'aprile 2015 ai magistrati che lo interrogavano come indagato di estorsione aggravata sui propri rapporti con Mauro Lauricella, detto "Scintilla", con riferimento al padre, Antonino Lauricella, che nell'ambiente mafioso e' lo "Scintilluni", un piccolo boss del quartiere palermitano della Kalsa: "Io questo ho pensato, cioe' che uno ha il papa' cosi', ma il figlio e' totalmente diverso! Con me, era la cosa della foto, la cosa del video... andiamo la'... andiamo la'... ti accompagno io... facciamo... era questo con me Mauro!".
Nel processo in cui Lauricella jr e Amato sono stati giudicati in tribunale, per il primo e' arrivata la condanna a un anno per violenza privata, mentre Amato e' stato assolto. Il collegio aveva cioe' ritenuto insussistente l'estorsione, perche' Graffagnini era stato veramente ritenuto debitore di Gasparini. Diversa invece la prospettiva dell'ufficio del Gip: un primo giudice, Fernando Sestito, non aveva archiviato e oggi Turturici, ha condannato l'ex calciatore. Agli atti del giudizio abbreviato e' finita anche una conversazione intercettata, intercorsa fra Miccoli e Lauricella, con quella frase vergognosa su Falcone. Miccoli aveva chiesto scusa tra le lacrime, durante una conferenza stampa seguita al suo interrogatorio in Procura. Anche oggi e' andato via in lacrime dal palazzo di giustizia. I suoi difensori, gli avvocati Giovanni Castronovo e Giampiero Orsini, hanno preannunciato appello: parlano di "sentenza estremamente illogica, dato il precedente dell'altra pronuncia su Lauricella e Amato".