Siracusa, Camilleri incanta il pubblico con Tiresia
Se il teatro greco avesse parola, quella parola avrebbe il suono rauco con la cadenza del dialetto siciliano della voce di Andrea Camilleri. Una cavea gremita da circa 3.200 spettatori, non tuttavia l’atteso sold out, per un monologo durato più di un’ora e mezza al Teatro greco di Siracusa, terza proposta teatrale della Fondazione Inda in occasione del 54° Festival del Teatro greco. “Conversazione su Tiresia” scritto ed interpretato da colui che ha diffuso in innumerevoli paesi del mondo il dialetto siciliano, il padre del commissario Montalbano, ha emozionato e coinvolto. In una scena ridotta all’essenziale e avente come sfondo la proiezione di capolavori dell’arte antica, Camilleri, interrotto solo dalle musiche eseguite da Angelo Linzalata, ha raccontato se stesso, immedesimandosi in Tiresia, colui che per volere del caso e del capriccio degli dei, fu uomo, donna, cieco e indovino. Diretto da Roberto Andò, lo scrittore originario di Porto Empedocle, ha scelto quel che di questo personaggio ci ha trasmesso la letteratura, la filosofia, la poesia, e lo ha eletto a pretesto - come già fece Borges con molti dei suoi temi prediletti - per investigare la cecità e la vocazione a raccontare storie. “Oggi sono venuto di persona perché voglio raccontarvi tutto quello che mi è accaduto nel corso dei secoli e per cercare di mettere un punto fermo nella mia trasposizione da persona a personaggio” sono le parole con cui Tiresia/Camilleri introduce alle infinite manipolazioni subite dalla straordinaria figura dell’indovino attraverso epoche e generi, da Callimaco e Sofocle a Pound - di cui è ricordato il divertente incontro negli studi Rai di via Teulada- e Pasolini; uno specchio in cui riflettersi, e attraverso cui rileggere il senso ultimo dell’invenzione letteraria. Un lungo racconto che partendo dal mito e terminando nella cinematografia di Woody Allen ha avuto come filo conduttore l’indovino che compare nell’Odissea, il profeta reso cieco da Era (o da Atena?), punito perché rivelava i segreti degli dei; Tiresia, protagonista di una conversazione solitaria, nel corso della quale il più grande scrittore italiano, meditando ad alta voce sulla cecità e sul tempo, sulla memoria e sulla profezia, ha narrato il suo viaggio di 93 anni nella vita e nella Storia. Ha detto Camilleri: “Noi tutti siamo il teatro, il pubblico, gli attori, la trama, le parole che udiamo”, così scriveva Borges, e questo è vero per tutti, ma ancor di più per un cieco. Da quando non vedo più, io vedo meglio, vedo con più chiarezza. Nella mia gioventù siciliana, i miei compagnucci contadini accecavano i cardellini perché sostenevano che da ciechi cantassero meglio” e ancora: ”Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla. Solo su queste pietre eterne”. E il canto di questo vecchio cardellino è stato reso eterno dal lungo e partecipato applauso della cavea del teatro greco di Siracusa. (Nelle foto di Maria Pia Ballarino: Andrea Camilleri, Luca Zingaretti e Michele Riondino, il fotografo Ferdinando Scianna)
Anita Crispino