Quando Acate si chiamava Biscari e i Carabinieri andavano a cavallo
La storia dell’Arma dei carabinieri ad Acate ha centosessanta anni. Di continua stima e rispetto per la loro azione al servizio della legalità. Nel 1861 l’Italia era stata fatta ma restavano da fare gli italiani. E proprio in quegli anni i carabinieri furono chiamati alla prova più difficile per domare il fenomeno del brigantaggio esploso nelle zone del meridione integrate nello Stato unitario.
È quella, a quanto pare, l’epoca dell’istituzione della stazione dei carabinieri di Biscari, che ebbe come prima sede l’immobile della famiglia Paladino di via Garibaldi. Il primo piano del Castello dei Principi di Biscari la ospitò successivamente, per un lungo periodo, a partire dal primo dopoguerra; altri immobili privati, più o meno funzionali, sono stati adibiti a caserma, successivamente, nelle vie Garibaldi, Battisti e Galilei, dove si trova attualmente.
A differenza di altri Comuni, Acate non dispone infatti né di una caserma né di un ufficio postale di proprietà dello Stato. Ma questo è un altro “capitolo” o meglio un “vulnus”.
In questo secolo e mezzo la Benemerita acatese ha visto avvicendarsi centinaia di uomini (e poco tempo fa anche la prima donna) originari di tutte le regioni dello Stivale. Comandanti o semplici carabinieri che non sono stati ancora dimenticati dagli anziani. Scorrono tra i primi alcuni cognomi: Pavone, Burgio, Saraceno, Giuffrida, Di Benedetto, Modica, Pace, Bellanti, Di Giorgio, Senia, Scialpi. E tra i secondi il pensiero va a Rizzo, Freinet, Cardillo, Gambuzza, Policarpio.
Dicevamo della stazione, attualmente comandata da un napoletano, il maresciallo Antonio Cianci. Nelle prime due sedi che la ospitarono era di cavalleria, con annessa scuderia (oggi al Castello, dove i cavalli riposavano, c’è la sala consiliare).
Ma com’era articolata, verso la fine dell’Ottocento, una stazione di questo tipo? : “Un letto…in ogni camera… una panca da sedere, una rastrelliera per l’armamento; un armadio per riporre la biancheria…una stanza di custodia con un pancaccio proporzionato al locale; la scuderia – si leggeva nelle disposizioni - dovrà essere lastricata e possibilmente a volta…”. Tutti requisiti soddisfatti dai locali di Biscari.
Ma qual era la “forza” di questi punti di riferimento dell’autorità statale? La maggior parte di queste stazioni aveva un brigadiere e quattro uomini e con tale personale il comandante, che rimaneva in carica per circa tre anni, doveva provvedere a pattugliare centri abitati e campagne e tutti i servizi d’istituto obbligatori.
Alfio Pavone fu il primo a comandare la stazione col grado di maresciallo capo d'alloggio a cavallo, cioè aveva titolo di portare con sè la famiglia, che poteva vivere nei locali destinati.
Arrivato a Biscari nel 1929, lasciò la stazione nel 1931, per essere inviato al più prestigioso incarico di comandante della stazione di Tobruk, in Libia. Ma “per avere condotto con molta prontezza ed abilità le indagini che portarono all’arresto di autori di rapina, condannati poscia a pene esemplari”, fece in tempo a ricevere un encomio solenne della Legione di Messina.
A metà degli Anni Sessanta del secolo scorso i quadrupedi cedettero il posto alla “Fiat Campagnola AR 59” e alle “Moto Guzzi”, ma un giovane militare proveniente da Ragusa, che aveva iniziato la propria carriera a Palermo proprio come carabiniere a cavallo, ben presto si servirà della propria esperienza per “domare” gli equini che scalpitavano alla partenza o durante il percorso del Palio di San Vincenzo Martire in Corso Indipendenza.
Si chiamava Nicolò Policarpio (forse il carabiniere più popolare) e la natura gli aveva regalato una considerevole forza fisica. Fino al suo collocamento in pensione, quando non esistevano le gabbie di partenza, era in grado di “prendere per la cavezza” la coppia di cavalli con tanto di fantini in groppa, in procinto di scattare, o di fermare il purosangue che, partito da solo, rischiava di travolgere qualche incauto spettatore.
La stazione dei carabinieri di via Galilei è intitolata dal 2003 alla Medaglia d’Argento al Valor Militare brigadiere Giovanni Amorelli, 31 anni, il primo carabiniere acatese caduto in una missione all’estero (Africa Orientale, maggio 1936) e al quale da quasi cinquanta anni è intitolata anche una via.
Emanuele Ferrera
NELLE FOTO, ALFIO PAVONE E NICOLO' POLICARPIO