Trattativa internazionale per il rilascio di Cecilia Sala, in carcere a Teheran
Discrezione, cautela e massimo impegno. Il governo è al lavoro per riportare a casa Cecilia Sala, la giornalista arrestata il 19 dicembre in Iran e ancora nel carcere di Evin a Teheran. Si attende che siano formalizzate le accuse a suo carico, mentre le trattative proseguono senza sosta. La premier Giorgia Meloni segue la "complessa vicenda" in stretto collegamento con il sottosegretario Alfredo Mantovano e con il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Che rassicura: "Cecilia è in buona salute, in una cella da sola a differenza della giovane Alessia Piperno e riceverà beni di prima necessità".
A occuparsi della consegna nel penitenziario - spiega il vicepremier - sarà il ministero degli esteri dell'Iran, su indicazione dell'ambasciata italiana. A testimonianza che i canali diplomatici con Teheran restano aperti. Per Palazzo Chigi, sono attive "tutte le possibili interlocuzioni", a partire da quelle con la Commissione europea, che "segue il caso da vicino". E della vicenda sono a conoscenza anche gli Stati Uniti che, con un portavoce del Dipartimento di Stato, chiedono "il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri detenuti in Iran senza giusta causa". Intanto, continua a farsi largo il timore che il fermo della giornalista italiana sia legato a una circostanza parallela, che coinvolge anche gli Usa. Quella dell'arresto, lo scorso 16 dicembre all'aeroporto di Malpensa, del cittadino iraniano Mohammad Abedini Najafabadi. Accusato di terrorismo dalla Corte federale di Boston e in regime di stretta sorveglianza nel carcere di Opera, resta in attesa che la Corte d'Appello decida sulla richiesta di estradizione, formalizzata dagli States nelle ultime ore.