Caporalato, sfruttati e picchiati a sangue: arresto nel Cosentino
Costringeva a lavorare nei campi per 14 ore al giorno tre giovani stranieri in cambio di pochi euro, sottoponendoli a vessazioni di ogni tipo. Il "caporale" e' un cinquantaduenne di Acri (Cosenza), arrestato dai carabinieri perche' sfruttava i tre immigrati arrivando a colpirne uno con un badile perche' si era permesso di chiedere la paga. I fatti si riferiscono al periodo che va dal maggio 2017 ai primi di gennaio del 2018. Le vittime delle angherie sono due cittadini afghani (in possesso del permesso di soggiorno per motivi umanitari) e un romeno che, in stato di indigenza, per 8 mesi hanno dovuto subire le angherie e le minacce dell'uomo di Acri, titolare di un'azienda edile, il quale, approfittando del loro stato di bisogno, li sfruttava quotidianamente facendoli lavorare per 14 ore, 7 giorni su 7, dalle 5 del mattino alle 19, con una sola pausa verso le ore 13 per consumare un frugale pasto, adagiati a terra.
Le indagini sono state avviate a seguito dell'aggressione subita da uno dei due ragazzi afghani, un ventitreenne, il quale, nel pomeriggio del 6 gennaio scorso, si era recato nell'abitazione del suo datore di lavoro chiedendo la sua paga. L'uomo, non tollerando la "sfrontatezza" del ragazzo nell'avanzare la richiesta, ha risposto con insulti e minacce e poi, armato di badile, lo ha aggredito violentemente, colpendolo al cranio e lasciandolo esanime in una pozza di sangue. Solo il tempestivo intervento dei carabinieri ha consentito di salvare la vita al giovane che, a causa del grave trauma cranico subito, e' stato sottoposto a cure intensive dai sanitari dell'Ospedale di Acri prima e di Castrovillari poi.
Secondo quanto poi ricostruito dalle indagini, l'uomo, titolare di un'impresa individuale, dal mese di maggio 2017 sfruttava, come manodopera in "nero", i tre giovani impiegandoli, con orari massacranti e senza giorni di riposo, in lavori edili, nella coltivazione dei campi e nella custodia di animali, il tutto nella piu' totale assenza di indumenti di lavoro idonei ed apparecchiature mediche in caso di infortunio. Per questi fatti il gip del Tribunale di Cosenza ha disposto la misura degli arresti domiciliari per i reati di "intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro" e "lesioni personali aggravate".