Catania, confisca per oltre 150 milioni all'editore Mario Ciancio Sanfilippo: anche il quotidiano La Sicilia
Il 20 settembre scorso, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, il Tribunale di Catania - Sezione Misure di Prevenzione - ha emesso un decreto di confisca e di sequestro e contestuale confisca relativo a conti correnti, polizze assicurative, 31 società, quote di partecipazione detenute in ulteriori 7 società e beni immobili nei confronti di Mario Ciancio Sanfilippo, catanese di 86 anni, giornalista e imprenditore italiano del settore radio-televisivo e della stampa, editore e direttore del quotidiano La Sicilia.
Il valore dei beni, in corso di compiuta quantificazione, è non inferiore a 150 milioni di euro. Il provvedimento è in corso d’esecuzione a cura dei Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Catania. I dettagli dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà domani, alle ore 11.30, presso la Sala Stampa della Procura della Repubblica.
Ci sono anche lo storico quotidiano regionale 'La Sicilia' di Catania e le emittenti tv Telecolor e Antenna Sicilia tra i beni inseriti nel "decreto di confisca e di sequestro e contestuale confisca" relativo all'impero dell'editore e immobiliarista catanese Mario Ciancio Sanfilippo. Nell'impero economico aggredito dal provvedimento della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania, su richiesta della procura guidata da Carmelo Zuccaro, ci sono conti correnti, polizze assicurative, 31 societa', nonche' quote di partecipazione detenute in ulteriori 7 societa' e beni immobili, per un valore stimato dalla procura in oltre 150 milioni di euro.
Un impero su cui si sono abbattuti i sigilli giudiziari. Immobili, societa' e testate giornalistiche. Nel 2017, in occasione dell'ultimo procedimento, Mario Ciancio e' stato rinviato a giudizio per concorso esterno alla mafia. La procura di Catania aveva avviato l'indagine nel 2007, ma nel 2012 ne aveva chiesto l'archiviazione; richiesta bocciata dal gup Luigi Barone che aveva disposto la trasmissione degli atti ai pm per l'imputazione coatta. Successivamente e' stato chiesto il rinvio a giudizio dell'editore e in abbreviato Ciancio era stato assolto su sentenza del Gup Bernabo' Distefano nel dicembre del 2015. Una decisione che aveva sollevato parecchie polemiche - con il presidente dell'ufficio gip di Catania, Nunzio Sarpietro che aveva preso le distanze dalla sentenza - visto che nelle sue motivazioni Distefano aveva demolito il reato di concorso esterno definito come "una figura che si potrebbe definire quasi idealizzata nell'ambito di un illecito penale cosi grave per la collettivita". Il giudizio del Gup e' stato ribaltato dalla Corta di Cassazione che ha accolto l'appello della procura contro il proscioglimento di Ciancio. L'anno scorso, dunque, Ciancio e' stato rinviato a giudizio da un altro Gup e il processo e' appena iniziato.
Hanno seguito un iter parallelo i provvedimenti che hanno riguardato le misure di prevenzione, iniziate nel 2015 e conclusasi con la decisione di oggi da parte del tribunale. Tra i beni interessati, quindi, Lo storico quotidiano di Catania "La Sicilia", la maggioranza delle quote della "Gazzetta del Mezzogiorno" di Bari e le emittenti televisive "Antenna Sicilia" e "Telecolor". Le decisioni dei giudici della Sezione delle misure di prevenzioni sono andate al di la' delle richieste della procura. Decisive le verifiche sul patrimonio di Ciancio, a partire dai fondi che deteneva in Svizzera e intestati ad alcune fiduciarie del Liechtenstein e, soprattutto, le valutazioni compiute dalla societa' internazionale di revisione dei bilanci Pwc sulle modifiche patrimoniali avvenute dal 1979 al 2014 ad opera di Ciancio. Un'inchiesta che si affianca al processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Dalle conclusioni sull'esame degli oltre 1500 bilanci sarebbero emerse immissioni di capitali non chiare, fondi non giustificati e sproporzioni fra entrate e uscite. Il Tribunale di Catania ha nominato gli amministratori giudiziari che garantiranno la continuita' operativa delle molteplici societa'. Secca la replica dell'editore: "Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi. Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale per disporre la confisca dei miei beni siano facilmente superabili. I miei avvocati sono gia' al lavoro per predisporre l'impugnazione in Corte di Appello".