Acate, addio a Don Rosario Di Martino: "svelò" l'identità del Protettore San Vincenzo
A qualche giorno di distanza dalla scomparsa del linguista Alfonso Leone, Acate perde un’altra delle sue personalità illustri. All’età di 82 anni è deceduto Don Rosario Di Martino, il “parroco” per eccellenza, emerito dal 2014. Una grave malattia contro la quale si è battuto fino all’ultimo se l’è portato via ancora nel pieno del suo intenso e mai cessato impegno pastorale e culturale, che continuava a svolgere a Pedalino, suo paese di origine, e dove giovedì, alle 10, 30 si svolgeranno i funerali.
Cittadino onorario di Acate, lega il suo nome, soprattutto, all’indefessa attività di conservazione e salvaguardia delle tre chiese di Acate e a quell’instancabile attività di ricerca che gli consentì di dare una nuova identità al Protettore San Vincenzo Martire: non più Martire crociato, ma probabilmente il diacono di Saragozza, che subì il martirio durante la feroce persecuzione di Diocleziano.
Di Don Rosario Di Martino rimarrà anche il ricordo del “sotterraneo” e senza riflettori impegno a favore dei poveri, dei malati e delle persone in difficoltà, ma anche la schiettezza della sua indole.
Riproponiamo l’intervista integrale che aveva rilasciato al Giornale di Sicilia nel 2001
Nei giorni scorsi i suoi 25 anni di permanenza alla guida della parrocchia S. Nicolò di Bari sono stati celebrati solennemente. Dopo un quarto di secolo, Don Rosario Di Martino, solitamente di poche parole e molti fatti, "si confessa" al cronista.
In cuor suo, padre, credeva di rimanere tanto a lungo ad Acate?
"Non avevo posto limiti alla Provvidenza, ma non avrei immaginato di essere fra di voi ancora dopo 27 anni, 25 dei quali come parroco".
Ma non si sente stanco e avverte un certo "logoramento"?
"L'attività di un sacerdote non si può ridurre alla sola evangelizzazione. È la realtà in cui opera, con i suoi bisogni e le sue emergenze, la vita stessa, insomma, con i problemi sempre nuovi che si devono affrontare quotidianamente, che offre gli stimoli".
Che cosa ricorda, in particolare, di questo periodo?
"Innanzitutto le due ordinazioni sacerdotali di Don Mario Cascone e Don Andrea La Terra, nelle quali credo di avere avuto una parte. Poi l'Anno Mariano, la vicenda tormentata del completamento della chiesa di S. Vincenzo, il Primo Congresso Eucaristico Parrocchiale".
La sua presenza è stata attivissima anche sul piano culturale.
"Mi sono impegnato a recuperare alcune tradizioni cancellate come la processione del Cristo alla Colonna e credo di avere contribuito anche a squarciare il velo di mistero sulla figura di S. Vincenzo Martire".
Ma non avrebbe bisogno di un cappellano giovane con tutto il rispetto per la collaborazione che gli offre padre Girolamo Bongiorno?
"Non di uno ma di due o tre. Magari venissero! Acate, posta in una zona periferica, non è una sede ambita oppure la situazione logistica non è ideale. Non credo che c'entri il mio carattere!".
Ormai ha imparato a conoscere gli acatesi.
"È un popolo che risponde se sensibilizzato a dovere. Dovrebbe ritrovare il proprio orgoglio di "viscarano" smettendola di sentirsi spesso inferiore a cittadini di qualche grosso centro vicino".
E il giudizio sugli amministratori conosciuti?
"Tutti, di qualsiasi colore politico, hanno sempre esaudito le richieste formulate in questi anni, come ad esempio, per la festa di S. Vincenzo".
Ha un cruccio?
Dopo undici anni, la chiusura al culto della Matrice è una spina orribile. Vorrei andarmene, un giorno, riconsegnando la chiesa, nel suo splendore, alla città. Non smetterò di lottare affinché il sogno si avveri".
Il suo sogno si avverò. Grazie all’impegno di Don Di Martino, infatti, e alla collaborazione e dell’intera comunità, da qualche anno, la Matrice, la chiesa di san Vincenzo e quella del Carmelo sono tutte agibili e aperte al culto.
Emanuele Ferrera